Che cos’è la filosofia

di Umberto Eco

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Forse ci sono altre e numerose ragioni per capire e studiare la filosofia, e per suggerirle tutte le pagine di questo manuale appena bastano. Ma speriamo che questi pochi accenni siano sufficienti per invogliare qualcuno a comprendere che cosa voglia dire pensare. Perché il pensare, e il pensare filosofico, è quello che distingue gli uomini dagli animali.
A parte l’etimologia originaria per cui “filosofia” significherebbe “amore per il sapere”, definire la filosofia è impresa difficile perché il senso della parola cambia attraverso i secoli. Nella Grecia classica si riteneva che l’uomo iniziasse a filosofare (come diceva Aristotele) come reazione ad atti di meraviglia, ma rispondono a un atto di meraviglia sia la domanda “chi ha fatto tutte le cose che ci circondano?” (domanda certamente filosofica anche se comune a tutte le religioni) sia la domanda “come mai i ruminanti hanno le corna, salvo il cammello?” – che era questione a cui Aristotele aveva tentato di rispondere mache oggi noi affidiamo alla ricerca scientifica e non alla filosofia.

Eppure se è la scienza che oggi deve spiegarci origine e natura dei ruminanti, e può dirci che essi sono il prodotto dell’evoluzione naturale, rimane una domanda prettamente filosofica a cui ancora oggi si risponde in modo assai vario, e cioè: “anche se i ruminanti fossero il prodotto dell’evoluzione naturale, c’è un disegno intelligente che ha stabilito leggi di natura per cui essi si sono evoluti in tal modo (per cui ha corna ciascun bue che nasca in ogni epoca e in ogni luogo)?”. Vi renderete conto che questo è ancora una volta il problema dell’esistenza (o meno) di Dio. La scienza può dirci che non è necessario ipotizzare un creatore per spiegare l’origine dell’universo e della vita, ma non può dimostrare che Dio non c’è – così come non può dimostrare che ci sia, anche se nel medioevo san Tommaso d’Aquino pensava che la ragione potesse confermare la fede e aveva elaborato cinque prove (filosofiche) dell’esistenza di Dio. Ma Kant ha poi sostenuto che questo tipo di prova non era razionalmente valido e che la presenza di Dio poteva essere solo postulata per ragioni morali. Ed ecco come la filosofia, per quanto si espanda il territorio proprio della scienza, mette ancora (per così dire) il suo naso dappertutto.

Potremmo allora dire che, anche se dall’antichità a oggi l’umanità ha delegato alla scienza la risposta ad alcune domande, ce ne sono altre per cui la scienza non ha risposta (per esempio che cosa sono il bene e la giustizia, se c’è un’idea di Stato migliore delle altre, perché esistono il male e la morte, e così via) e che sono oggetto della ricerca filosofica. Tanto che qualcuno ha detto che la filosofia è la disciplina che si occupa delle domande per le quali non c’è risposta. risposta.
È una definizione esagerata. È vero che ci sono domande per cui non c’è risposta, ma ce ne sono anche nell’universo scientifico, per esempio quale sia il più alto dei numeri dispari: problema di cui si occupa la scienza matematica e a un livello che definiremo di filosofia della matematica. Ma la filosofia si occupa piuttosto di domande a cui le altre discipline non trovano risposta, tipo: Che cosa significa essere? È diverso dire io sono, nel senso che esisto, o dire che i cani sono mammiferi, oppure che io sono nato nell’anno tale, o ancora chiedersi che cosa sia il tempo. Ci sono due diverse ragioni per cui accettiamo l’idea che un angolo retto abbia novanta gradi e quella che tutti gli uomini siano mortali? Se io penso che sia vero che i cani sono mammiferi, ora sta piovendo, i Re Magi hanno visitato Gesù Bambino, Napoleone è morto a Sant’Elena e l’angolo retto ha novanta gradi, tutte queste mie credenze sono “vere” nello stesso senso? E che cos’è la verità? Non è che queste domande non abbiano risposta ma certamente ne hanno avute troppe ed esistono diverse definizioni della verità.
E la domanda filosofica più drammatica è forse stata ed è “perché esiste qualcosa piuttosto che nulla?”.

Forse queste sono questioni difficili e qualcuno pensa che i filosofi siano dei perdigiorno a porsi domande del genere. Ma pensiamo a uno sventurato, oppresso dalla miseria o dalla malattia, che si chieda “ma perché sono nato? Non potevano i miei genitori non mettermi al mondo?”. Il poveretto sta parlando di qualcosa di essenziale per lui, eppure sta facendo della filosofia, anche non se ne rende conto, così come il famoso personaggio di Molière non si era mai accorto di parlare in prosa sembra che non abbia neppure più un’anima? Perché piango sulle vicende di personaggi romanzeschi anche se so che non sono vere? È meglio diventar ricchi mandando al diavolo tutti gli altri o vivere da altruisti? Mi dicono che un maiale è più intelligente di un cane ma perché io preferisco andare a spasso con un cane? Dipende dall’amicizia, dall’amore, dalla identificazione con qualcuno? Ma cosa sono amicizia, amore, identificazione? Perché penso che la persona di cui mi sono innamorato sia la più perfetta tra tutte mentre se vivevo in un altro ufficio o in un’altra città ne avrei amata un’altra? Che differenza c’è tra convincere mediante dimostrazione di una verità matematica (per esempio il teorema di Pitagora) e persuadere qualcuno (per esempio a votare un partito piuttosto che un altro)? Se dimostrare un teorema ci pare “razionale”, convincere a votare dipenderà da scelte “irrazionali”? O da scelte soltanto “ragionevoli”? La dimostrazione del teorema non fa leva sul sentimento mentre la decisione di voto si basa anche su preferenze, sentimenti, emozioni. Dovrei quindi fidarmi più dei geometri (dei tecnici) che dei politici? Quali differenze intercorrono tra ragione, intelletto, sentimento, convinzione, preferenza, scelta per abitudine? In che misura il nostro corpo interferisce col nostro cervello?

Si potrebbe continuare all’infinito: sono tutte questioni filosofiche, e non bisogna essere professori di filosofia per porsele. Le questioni filosofiche interessano ciascuno di noi.
Potete certamente decidere che tutte queste sono questioni che lasciano il tempo che trovano e che si può vivere benissimo divertendosi, facendo soldi o morendo di fame senza che esse ci tocchino da vicino. Ma – a parte che certi esseri umani non possono resistere alla meraviglia che li porta a farsi queste domande – nel corso della storia queste questioni “irrilevanti” hanno determinato il nostro modo di vivere, hanno spinto certi gruppi a guerre di religione, hanno influenzato profondamente le indagini degli scienziati, hanno determinato il nostro modo di intendere la vita, il divertimento, il guadagno e le nostre miserie, anche per coloro che non se ne sono mai resi conto.

Ragionare

Tutto questo a parte il fatto, importantissimo, che praticare la filosofia insegna a ragionare, e ragionare in modo corretto può indurre qualcuno a ritenersi appagato anche se non ha successo pratico nella vita, ma ha aiutato moltissimi altri ad applicarsi anche a problemi pratici. Né bisogna trascurare il fatto che scienziati grandissimi come Cartesio, Pascal, Galileo, sino a Einstein e oltre hanno praticato insieme alla ricerca scientifica anche la riflessione filosofica.

Accade che un bambino in tenera età possa dire (estasiando i genitori) “dato che…” per arrivare a certe conclusioni. Il bambino pratica così il metodo logico dell’inferenza (se piove allora sarà bagnato per terra, ma piove, allora sarà bagnato per terra ed è bene che non esca a piedi nudi) o addirittura il sillogismo aristotelico (tutti i temporali bagnano il terreno, è previsto un temporale, dunque è da prevedersi che sarà bagnato per terra). E la logica è uno dei capitoli della filosofia. Chiunque fa della logica, anche senza accorgersene. Salvo che ci sono ragionamenti logici sbagliati come per esempio: tutti i temporali bagnano il terreno, il terreno è bagnato, dunque c’è stato un temporale; il ragionamento appare sbagliato anche a chi non ha studiato logica, perché è ovvio che il terreno può essere bagnato perché è passata una macchina innaffiatrice, ma la logica ha elaborato criteri rigorosi per dimostrare perché questo ragionamento sia falso, e inoltre esistono altri ragionamenti sbagliati che è assai più difficile riconoscere come tali.

Insomma, non foss’altro che per questa semplice ragione, vale la pena di praticare la riflessione filosofica così come vale la pena di fare ginnastica. Nel secondo caso si evita di ingrassare, nel primo si diventa più intelligenti.

A una cosa la filosofia soprattutto ci abitua: al ragionamento astratto. Tutti noi ragioniamo attraverso astrazioni, e per esempio il veterinario che mi fa un’iniezione antirabbica anche senza aver visto il cane che mi ha morso si riferisce a un concetto di cane in generale (della sua natura e abitudini) e sa che cosa potrebbe accadere in genere se un cane ci mordesse. Ma abitualmente il veterinario si occupa di questo o quel cane. Invece il filosofo è interessato non solo al concetto di cane ma al concetto di concetto, e cioè alle ragioni per cui elaboriamo concetti. Questo porta talora la filosofia a lavorare su astrazioni che sfuggono alla nostra comprensione immediata, il che ci induce a pensare che il filosofo viva fuori della realtà. Ma molte cose che hanno contato molto per la nostra realtà (comprese tante scoperte scientifiche) sono state capite proprio lavorando a livelli di pensiero molto astratto.

Un bambino conosce nei primi anni di vita un chihuahua, un mastino e un doberman e in breve è capace di chiamarli tutti “cane”. La scienza, studiando le nostre strutture cerebrali è pronta (o quasi) a rispondere come e perché questo accade. Ma che cosa è questa idea di “cane” che anche un bambino apprende nei primi anni di vita? È un costrutto del nostro cervello, che funziona in modo uguale in tutti i tempi e in tutti i paesi? È qualcosa che esiste fuori del mondo (i platonici ci incoraggerebbero a dire che è una idea iperurania, anche se Platone non l’ha mai detto)? È una legge di natura che rimarrebbe valida anche se per accidente tutti i cani di questa terra morissero per una epidemia e al mondo non rimanesse più un solo cane, è una costruzione della zoologia? Come accade che il bambino comprenda subito che c’è un’identità di patrimonio genetico tra un cane lupo e un pechinese e non tra un pechinese e un gatto soriano? Un filosofo tradurrà questo problema (e lo ha fatto per secoli) nei termini di “esistono gli universali, o sono un prodotto della cultura e del linguaggio?”.

In che cosa la filosofia è diversa da altre interrogazioni sull’universo?

Ci sono stati nella storia dell’umanità altri modi di reagire alla meraviglia per ciò che ci circonda. Per esempio le religioni, che sono materia di fede, e che sono state tramandate sotto forma di miti o di rivelazioni, mentre la risposta filosofica si basa su un uso della ragione. Sono esistite filosofie che hanno cercato di mostrare come le rivelazioni delle religioni non contrastino con una “sana” ragione (e si pensi a come Tommaso d’Aquino aveva elaborato cinque modi razionali per dimostrare l’esistenza di Dio), così come ci sono stati casi in cui la filosofia ha agito come critica delle religioni (come in Feuerbach o in Marx). Ci sono state cosmologie, ovvero narrazioni più meno fantastiche su come è nato l’universo, o sulle genealogie genealogie degli dèi (per esempio Esiodo). Tutte queste “narrazioni” si distinguevano dal ragionamento filosofico, mediante il quale, invece, si cercava sempre di attenersi a quelle che venivano considerate le leggi della nostra mente.

Perché partire dalla Grecia?

Sappiamo ora, ma lo sapevano anche i Greci prima della nascita della filosofia, che sono esistite ed esistono ancora altre forme di sapere, che c’è una saggezza cinese, un pensiero indiano, così come c’erano forme di sapere nell’antico Egitto o tra gli Assiri e i Babilonesi. E non basta dire che molte di quelle forme di pensiero si esprimono attraverso miti o poemi (e quindi riguardano l’arte o la mitologia ma non il pensiero filosofico), perché come vedremo consideriamo filosofo Parmenide che parlava attraverso poemi, e Platone spesso si esprimeva attraverso racconti mitici. È spesso un peccato che noi non conosciamo abbastanza le forme di pensiero non-occidentale, così come sappiamo poco delle antiche saggezze espresse dalle mitologie degli indiani d’America o di tante etnie africane. Una formazione ideale dovrebbe comprendere la conoscenza di queste forme di pensiero, così come nella scuola non si dovrebbe insegnare solo che cosa hanno detto i filosofi greci o che cosa dice la Bibbia ma anche che cosa dice, per esempio, il Corano. Altrimenti non capiremo mai cosa hanno pensato degli Altri che a poco a poco stanno diventando anche parte del nostro mondo.

Questo manuale non può parlarvi di tutte queste forme di pensiero anche perché i programmi ministeriali non lo prevedono – e se il manuale venisse dedicato per un terzo ai miti degli indiani d’America non potrebbe essere adottato e voi non lo leggereste mai.

Ma c’è una ragione culturale per cui una storia della filosofia inizia dai Greci. È stato il pensiero greco a formare il modo di pensare del mondo occidentale, e solo comprendendo che cosa avessero pensato i Greci noi possiamo capire come abbiamo continuato a pensare negli ultimi tre millenni circa. E se un occidentale che va a lavorare in Cina dovrebbe capire qualcosa della mentalità cinese, è certo che un cinese che viene a vivere tra noi si dovrebbe adattare alle forme di pensiero occidentale nato in Grecia. Potrete dire che questo non è giusto ma è un fatto che migliaia e migliaia di giovani orientali che vanno a studiare negli Stati Uniti si addestrano a capire il pensiero occidentale e su questa loro flessibilità si basa il fatto che diventano più preparati dei loro coetanei americani e conquistano le migliori posizioni in campo scientifico ed economico. (...)

L’ambiente

I filosofi non sono mai vissuti con la testa nelle nuvole, come vogliono le caricature fatte dai loro detrattori, o dalla saggezza popolare che ha sempre scherzato sul “professore distratto”. È vero che Platone nel Teeteto raccontava che Talete, mentre studiava gli astri e guardava in alto, era caduto in un pozzo. Però Aristotele, quasi a salvare Talete dalla reputazione di un sapiente con la testa fra le nuvole, riportava che, mentre i suoi contemporanei gli rinfacciavano l’inutilità della filosofia egli, avendo previsto in base a calcoli astronomici un’abbondante raccolta di olive, ancora in pieno inverno si era accaparrato con pochi soldi tutti i frantoi di Mileto e di Chio così che, quando era giunto il tempo della raccolta, li aveva affittati a gran prezzo dimostrando che, se volevano, anche i filosofi potevano arricchirsi.

Ma il vero problema è che ogni filosofo è vissuto in un preciso ambiente politico, sociale e culturale e il suo modo di filosofare non si è sottratto a molte influenze extra-filosofiche. (...) Non bisogna ignorare che i primi filosofi, mentre cercavano di dare spiegazioni razionali del mondo che li circondava, vivevano in un contesto dove si praticavano i riti misterici, si veneravano gli dèi, si facevano delle guerre, esistevano degli schiavi e degli uomini liberi, si praticava un certo tipo di medicina, e questo vale anche per i filosofi del nostro tempo, alcuni dei quali sono stati influenzati dai conflitti sociali, dal sorgere delle dittature, dai nuovi problemi posti dallo sviluppo della tecnica, così come gran parte della filosofia rinascimentale e post-rinascimentale è stata influenzata dalle scoperte astronomiche di Copernico, Galileo o Keplero. Per non dire che le intuizioni di questi scienziati erano state ampiamente ispirate da teorie filosofiche precedenti o contemporanee.
Per questo nel nostro manuale troverete molte notizie che apparentemente non appartengono alla storia della filosofia, ma alla medicina, alle costituzioni politiche, alla fisica, all’astronomia, alle arti, senza le quali non si capirebbe bene perché i filosofi di quel dato tempo parlavano in quel modo.

Forse ci sono altre e numerose ragioni per capire e studiare la filosofia, e per suggerirle tutte le pagine di questo manuale appena bastano. Ma speriamo che questi pochi accenni siano sufficienti per invogliare qualcuno a comprendere che cosa voglia dire pensare. Perché il pensare, e il pensare filosofico, è quello che distingue gli uomini dagli animali.

Introduzione alla "Storia della Filosofia" a cura di Umberto Eco e Riccardo Fredriga, edizioni Laterza