La strage di Sant’Anna di Stazzema

di Federico Quadrelli

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Era il 12 agosto 1944 quando un battaglione delle SS con la complicità dei fascisti italiani raggiunse Sant’Anna di Stazzema e trucidò 560 innocenti. Ogni anno ci ritroviamo in questo periodo a ricordare questa tragedia, poiché è il simbolo della follia, dell’odio, della violenza cieca. Di un periodo di profonda oscurità.

Ma Sant’Anna è molto di più, è un monito, per tutte e per tutti noi. Per questo, ad ogni occasione, quando parliamo di pace, di futuro, di Europa, non manca mai, da parte mia, un riferimento a questa vicenda. Perché troppo spesso dimentichiamo quanto è importante ciò che abbiamo oggi, e soprattutto ci dimentichiamo di quanto è costato, in termini di vite umane, di dolore e sangue avere quel che abbiamo.

Ne parlo apertamente con le mia amiche e miei amici tedeschi. Perché insieme condividiamo questa sofferenza. Lo ho fatto in occasione di una discussione sull’Europa con le deputate SPD Sylvia-Yvonne KaufmannMechtild Rawert, nella “casa d’Europa”, citando proprio l’esperienza di mia nonna. La sua storia. La sua visione.

In questo giorno voglio ricordare una figura che è ormai passata alla storia, come simbolo della resistenza popolare. Un tassello importante del mosaico familiare. Il suo nome è Genny Bibolotti. Cugina della mia bisonna. Sfollata a Sant’Anna di Stazzema col figlioletto, Mario, fu ferita, rinchiusa in una stalla, e quando uno delle SS entrò col fucile, lei, per distrarlo dal bimbo, gli lanciò uno zoccolo. Calamandrei ebbe a dire che era il “simbolo della Resistenza popolana che osa scagliare contro i lanciafiamme la sua inerme furia materna”. Il figlio non morì quel giorno, riportò gravi ustioni, ma visse grazie al sacrificio della madre.

A questa donna Carlo Levi dedicò un quadro ed oggi è ormai nell’immaginario collettivo come immagine di coraggio, resistenza, dignità. Quando mia nonna, 89 anni, mi ha raccontato serenamente, che quella persona era una cugina di sua mamma, che era cresciuta con lei, nello stesso palazzo, ho avvertito un profondo senso di dolore, smarrimento e allo stesso tempo di orgoglio.

Oggi ricordiamo Sant’Anna di Stazzema, le sue vittime, e tutte le Genny Bibolotti che nel mondo stanno combattendo per i propri figli, per i propri cari, contro gli orrori della fame, della guerra, della violenza cieca. Sant’Anna doveva essere l’esisto di una tragedia, e non un momento nella storia, che si ripete qua e là. Eppure, come vediamo ogni giorno, la guerra è di casa ovunque, e queste atrocità sembrano non avere fine.

Penso alla nostra vita in Europa, alla fortuna che abbiamo oggi, a vivere in pace. Con tanti problemi, certo. Ma in pace. Di quanto però si è andato perdendo, di questa memoria collettiva. Abbiamo un tesoro da difendere, questa Europa. Ed è responsabilità di ciascuna e di ciascuno di noi, rinnovare questo patto con chi ci ha preceduti: mai più! Mai più!