Il mio numero è 175429

a cura di Giuseppe Dambrosio

Il diario di prigionia dell'altamurano Paolo Baldassarra internato nei campi di concentramento di Wietzendorf, Hannover, Freden e Fischbecker in Germania. Una testimonianza toccante, raccontata con una lucidità e una profondità incredibile e con un linguaggio asciutto e incisivo. Un modo non retorico per ricordare il dramma dei deportati. Si riporta di seguito il testo trascrizione fedele del manoscritto.

Internati militari lavoro 600x404

Prigionia

 

Dal campo di concentramento

di WIETZENDORF

Dal 20 sett - al 7 ottobre 1943

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HANNOVER

Dal 8 ottobre 1943 al 7 dicembre 1944

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(HANNOVER) FREDEN

dal 8 dicembre 1944 al 11 luglio 1945

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FISCHBECK (AMBURGO)

Dal 11 luglio 1945 al 27-luglio 1945

E cioè fino al rimpatrio.

31-8-43- Partito da Altamura e raggiunto Mestre il 2-9-43 per proseguire per il rientro al reparto a Atene (Grecia).

2 Sett. 1943 - Partito la sera da Mestre per Atene con la tradotta celere - S 24-

6 Sett. 1943 - La notte giunto a circa 30 Km da Atene e precisamente al campo di aviazione di Teatoi, il comando Tedesco di stazione dà ordine alla tradotta di tornare indietro: Si vocifera che si va in Italia.

8 Sett. 1943- Si giunge a Salonicco e circa un 200 tedeschi ci circonda e armati di mitraglie, ci intimano di deporre quei pochi fucili che ha la tradotta. Il comandante la tradotta un ten. col. di cavalleria (ten. col. De Landersen) dà ordine di consegnare le armi. Agli ufficiali gli viene lasciata la pistola. Ci tolgono anche i viveri di scorta all tradotta e ci lasciano proseguire senza alcuna scorta. Corrono molte voci e alcuni dicono che ci mandano in campi di concentramento prigionieri, altri dicono che andiamo in Italia. Però la sera partiamo per ignota destinazione.

 

13 Sett. 1943 - Da Radio A Scoplie apprendo che Altamura è stata occupata dagli Inglesi.

 

20 sett. 1943 - Dopo dodici giorni di viaggio attraverso la Bulgaria - Romania - Serbia - Croazia - Austria - Giungiamo in Germania al campo di concentramento di Wietzendorf, quali prigionieri. Durante il viaggio ci hanno dato qualche chilo di pane. Si comincia a far sentire la fame. Il mangiare è questo: il tè mattina e sera, 250 g di pane e tre patate a lesso.

24 Sett. 1943 - Incontro il paesano finanziere Mastromarino e  Manicone il quale ogni tanto mi da qualche patata lessa. Ci danno il piastrino di prigioniero. Corre voce che gli Inglesi sono a Roma con Badoglio e S.M. (Sua Maestà n.d.r.).

 

27 Sett. 1943 - Ci fanno le fotografie con il numero di matricola da prigioniero. Il mio numero è il 175429.

 

1 Ott. 1943 - Cambiamo baracca e andiamo sotto una tenda in procinto di partire. Si vocifera che si vada in uno stato neutrale o in Polonia. Siamo all'oscuro di tutte le vere notizie, militari. Fa freddo sotto la tenda e specialmente qui il clima è molto freddo perché al Nord. Io sono senza pastrano e senza coperta: si dorme a terra e la giubba fa da cuscino. Appena giunti qui ci hanno fatto la rivista e hanno regolarmente portato via tutto.In questo campo siamo un 30000 persone. Vado in cerca per trovare qualche mio fratello. Però non  ho visto nessuno.

 

2 Ott. 1943 - si vocifera che si va in Italia o in Isvizzera o in Ispagna. Stanotte ho dormito poco per il freddo e un mio amico di Palermo (Corio) di ha coperto un po’ della sua coperta sfuggita chi sa come alla rivista dei  Tedeschi. Forse partiamo lunedì. Mi sono separato dai paesani. Intanto la fame aumenta. Qualche galletta ancora in giro si paga 500 lire. Le sigarette £ 100 il pacchetto. Dal 29 Agosto che mi feci la S. Comunione a Altamura, malgrado questi terribili giorni, mattina e sera faccio la preghiera a Dio affinché protegga i miei cari. Non bestemmio più e mi meraviglio come ho la forza di dominare la mia ira in alcuni momenti di esaltazione mentale. Ci hanno domandato il mestiere da borghese: io ho detto il mio di meccanico sperando di andare a lavorare in qualche fabbrica e stare così al coperto dalle intemperie. Giunge un Gerarca del Fascismo che sbraita (ch)e si dimena come un ossesso, declamando che Mussolini è stato liberato da paracadutisti tedeschi dal Gran Sasso ove era tenuto prigioniero. Alla fine ha esortato a noi di aiutare i fratelli Tedeschi andando con loro a combattere nelle S.S. contro gli alleati. Naturalmente avevamo finito di soffrire poiché mangiare a profusione, libertà e soldi in quantità. Malgrado queste promesse allettanti, circa un 500 uomini su 30000 sono usciti dalle file per andare nelle S.S. Sono la maggior parte ragazzi del 924 avieri e marinai. I vecchi volponi non abboccano alla false promesse.

3 Ott. 1943 - Ritorno del solito Gerarca fascista (hanno detto che il gerarca si chiama Aufuso), sua solita predica, sue solite promesse, e in fine minaccia di essere trattati da traditori se non andavamo nelle S.S. Malgrado tutto ciò, neanche un solo uomo è uscito dalle file per andare nelle S.S. Il nostro rifiuto è stato tacito, ma netto e categorico. L'uomo nero (soprannominato da noi il carbonaio) saltava con un ossesso e si dimenava su quella specie di podio ove lui in piedi predicava. Gli ufficiali tedeschi che erano intorno a lui, visto il nostro rifiuto, si guardavano in faccia l'uno con l'altro e perciò le loro ire si fecero più potenti verso noi maltrattandoci e stringendo i freni accorciando la già magra razione di viveri giornaliera. Si dice che gli Alpini della "Julia" e i bersaglieri combatterono ai confini italiani contro i tedeschi e che i Russi hanno oltrepassato il confine Rumeno. I ribelli combattono a Trieste contro i Tedeschi.

 

4 Ott. 1943 - si vocifera che domani si parte per ignota destinazione. Si mangia poco. Qualche patata e una carota.

6 Ott. 1943 - ci passano di nuovo la rivista perché si parte. Ci tolgono qualche altro po’ di roba che era sfuggita loro la prima volta. Stanotte abbiamo dormito sotto la tenda e faceva freddo specialmente che io sono senza coperta. Probabilmente si va a di Hannover a lavorare in un campo di aviazione.

7 Ott. 1943 - Si parte da Wietzendorf e andiamo in un sobborgo di HANNOVER circa 95 meccanici. Ci sistemiamo in un campo di prigionieri di tutte le razze, fra cui donne Russe.

8 Ott. 1943 - Ci conducono in una fabbrica a circa un km. Dal campo e precisamente nella "Max Müller" ove si costruiscono un nuovo tipo di mitragliere da 42 mm. Vi sono circa 2000 operai di tutte le nazionalità. Di più sono i(nota) volontari civili francesi. Dopo averci divisi per categorie i vari capi ci accompagnano ai posti di lavoro. Io sono all'aggiustaggio e si comincia il lavoro. Io vengo affidato a un vecchio tedesco al quale il lavoro è il suo peggiore  nemico. Naturalmente io lavoro anche per lui che incassa anche i soldi. Però è un brav'uomo poiché non parla mai e non da legnate né pane. Alla fine di ogni lavoro che faccio, gli faccio  vedere se va bene. Risponde sempre: gut, gut. Poi lui stesso prende il lavoro e lo porta al controllo ove risulta sempre regolare. Però i capi superiori mi tengono d'occhio e non tardano ad accorgersi della mia abilità, che io naturalmente cerco di mascherare. Però essi hanno buon fiuto e cominciano ad affidarmi dei lavori difficili e riservati. Io ho lavorato adagio per le diverse ragioni e cioè perché nazione nemica, fame e sofferenze morali e senza paga. Di fatti ci danno 30 marchi da campo al mese di paga.

 

10 Ott. 1943 - si fa festa. Il capo-campo un cap. magg. tedesco ci fa svegliare presto ugualmente, pulizia, ecc., piovono le legnate con bastoni di legno, pezzi di ferro o di gomma. Il mangiare è a base di rape, carote o verze senza alcun condimento. Il pane è 250 gr. Al giorno. Le ore di lavoro sono 12 ore al giorno. La mattina sveglia ore 4. Si va in fabbrica e il lavoro comincia alle 6 fino alle 6  la sera. A mezzogiorno niente mangiare in fabbrica e attendiamo che finiscano di mangiare i tedeschi per andare a vedere se gli hanno avanzato qualche cosa che vanno a buttare al letamaio. Un sergente che fa da capo è andato dal padrone della fabbrica e cioè Max Muller per dirgli di distribuire a noi Italiani l'avanzo dei tedeschi del mezzogiorno, ma egli si è rifiutato e preferiscono buttarlo al letamaio e la poi noi andiamo a raccoglierlo col cucchiaio fra le bucce delle patate, fra il fango e mille vermi e puzza che ogni letamaio ha il potere di contenere. Le gaurdie della Fabbrica fanno la ronda intorno al letamaio e il primo che acchiappano sono legnate. Però la fame è più forte delle legnate, e si sfida l'ira delle guardie. Alla sera ritorno in campo e allora ci danno un litro di verza, rape o carote. Alle ore 22 appello e poi a dormire. Durante la notte alcune volte, per gusto dei nostri cari guardiani, ci svegliano, e ci fanno girare nudi nel campo, perché così piace a loro. Molte volte ci svegliano anche per gli allarmi. Quindi le ore di sonno, regolarmente  sono di circa 4 su 24 ore. Fra fame, lavoro estenuante, e poco sonno e legnate, senza notizie dai nostri cari e bombardamenti, sembriamo degli spettri, dei cadaveri ambulanti. Ma i Tedeschi sono crudeli e continuano a torturarci senza misericordia. Io dico che, nessuna tortura sarà sufficiente per punire di tutte le malefatte, questa genia indegna di appartenere alla razza umana. Molti di noi non riescono a sopravvivere a queste bestiali torture e vanno agli ospedali che sono pieni di Italiani e dopo pochi giorni si odono dei colpi di mitraglia, ed è l'ultima beffa che questa gente da alle sue vittime alla sua fine, dopo averle ripetutamente torturate, e cioè la sepoltura coll'onore delle armi. Anzi ai Russi non gli viene concesso tale onore.

 18 Ott. 1943 - La fame aumenta. Dopo dieci giorni che siamo qui stasera abbiamo un forte bombardamento. Il rifugio trema, le bombe cadono a poca distanza dal campo. Trema il terreno compreso noi. La città è in fiamme e i danni sono considerevoli. Poche fabbriche sono ancora in efficienza la maggior parte è distrutta. In fabbrica un sergente (Lombardi) è stato picchiato dai Tedeschi accusato di aver detto male della Germania. Lo hanno ridotto come  Cristo.

 19 Ott. 1943 - Le sigarette sono terminate quindi è gioco forza smettere di fumare perché non voglio andare elemosinando cicche da tizio o da caio, come tutti. Si vocifera di un incontro tra Roosvelt. Circill, Badoglio e Stalin. Oggi ho eseguito un lavoro di lima difficile e cioè un modello che adotteranno per la lavorazione in serie di altri pezzi uguali. È venuto l'ing. Direttore e lo ha approvato. Io naturalmente capivo che diceva gut, gut. Sono soddisfatti i miei capi della mia abilità, però sono un po’ scontenti che lavoro molto lentamente, dipendente naturalmente ciò dalla fame, ma questo per essi è un fattore secondario e fanno finta di nulla. Abbiamo avuto la cartolina che marcano l'ora della entrata e uscita dal lavoro.

 

 

20 Ott. 1943 - Stasera alle ore 8 c'è stato l'allarme, ma gli aerei sono andati a Berlino. Un pensiero a mio fratello Peppino, poiché ricordo, anche in queste condizioni, che oggi compie 29 anni. Vadano perciò i miei migliori auguri. Fame, sempre fame. Si va spesso al letamaio ove le bucce di rape, di verze e di qualche patata non bastano per tutti. Sono molto afflitto e temo che non riuscirò a portare la mia vecchia pelle a casa. Però il pensiero di rivedere, forse un giorno i miei cari, mi danno la forza di resistere a queste torture. Non è ancora venuto l'ordine di scrivere a casa.

7 Nov. 1943 - Stasera sono un po’ libero poiché siamo usciti dalla fabbrica alle 4.40. si fa festa solo una Domenica ogni mese. Oggi è nevicato per la prima volta e perciò freddo. Io sono senza cappotto. La fame si fa sentire più forte. Le legnate piovono e perciò molti vanno all'ospedale anche per la fame. Dal 19 Ottobre non fumo più. Abbiamo notizie che i Tedeschi sono battuti su tutti i fronti. Si presume breve la fine della Germania.

 24 Dicembre 1943 - Vigilia di Natale, il mio pensiero è costantemente rivolto alla mia cara Chiarina e a tutti i miei cari. Prego più che mai per essi. Sono molto commosso e non mi basta il cuore e smetto perché tremo e la mia mano si rifiuta di continuare.

 5 Marzo 1944 - Da parecchi giorni sono tutto gonfio, alla mattina la faccia sembra un pallone, le gambe anche, poi verso sera, ritorno normale. Ma stamattina ero più gonfio del solito e sembravo un mostro e perciò mi hanno accompagnato subito all'ospedale a Fallinghostel. Mi ha visitato un dottore italiano (cap. med. Altamura) nato a Foggia. Mi dice che il gonfiore era causa del mangiare cattivo e addirittura poco nutriente. Mi domanda il peso di prima di venire in Germania che era di Kg. 74. Mi pesa lui ed ero ridotto a Kg. 51. Ero ridotto un cadavere, eppure l'indebolito albero resisteva al violento impeto delle bufera. Resisterò fino alla fine? Dio lo sa, però mi scoraggio solo per alcuni momenti, poi mi riprendo e mi rassegno. Sono ricoverato in baracche insieme ad altre vittime, ad altri scheletri. Che orrore, che macello. Le operazioni chirurgiche le eseguiva un Ufficiale Russo che credo in Russia era al mattatoio. Alcune volte usciva dalla sala operatoria, lordo di sangue, che mi pareva di vedere un beccaio (nota) in pieno lavoro. Dopo alcuni istanti usciva una barella da una coperta con il paziente, il maggior delle volte già morto.

Il Russo, facente funzioni di dottore era impassibile, di circa 30 anni. Eseguiva le operazioni, le amputazioni a freddo e cioè senza alcun narcotico della vittima, quindi le grida dei malcapitati si udivano e risuonavano stranamente nelle baracche degli ammalati circostanti, i quali ammalati ammutoliti si guardavano nei visi pallidi, esterefatti, interrogandosi mutamente cogli occhi quando doveva giungere il momento di essere sottoposti all'ultima tortura, forse ultima, poiché tutti conoscevano la paura del dott. Russo. La vita in ospedale era uguale a quella del campo, solo non si lavorava, ma la fame era uguale. Le medicine scarseggiavano, anzi mancavano. Il dottore la mattina passava la visita vicino la branda a ogni singolo uomo. Assegnava la cura di iniezioni o pastiglie o unguenti che l'infermiere italiano (generalmente un sergente inferm.) annotava diligentemente in tabella. Era una cosa ripugnante e ributtante il mercato nero che questi signori infermieri hanno fatto negli ospedali dei prigionieri.

Le medicine li somministravano solo a quegli ammalati che davano loro delle sigarette, orologi od altri oggetti. Gli ammalati che non avevano niente da dare, alcuni, senza cure, dei più gravi, morivano.

Quasi tutte le mattine c'era qualcuno che non si svegliava, ed era morto durante la notte insalutato ospite, senza alcun avviso. Cose regolari di tutti i giorni. Il piantone di infermeria (altro cosciente mercante nero) spogliava diligentemente il morto appropriandosi delle cose di valore che gli facevan comodo, poi nudo completamente lo mettevano in una cassa da morto che serviva per tutti e la portavano al luogo per seppellirlo. Uscivano dalla cassa il morto e lo buttavano giù nella fossa. Un secco crepitio di mitraglia accompagnava il funebre rito. Quattro palate di terreno sul cadavere, indi una rozza croce nera col numero del prigioniero e tutto era finito. In quel momento forse, una sposa sperava nel ritorno del suo amato  al suo focolare e pregava favorevolmente il Grande Iddio di preservarlo da ogni male. Ma il destino segue il suo corso, beffandosi segue il suo corso, beffandosi degli esseri terreni e delle lacrime umane.

Poi un giorno quella sposa riceveva un telegramma ove apprendeva la terribile disgrazia. La guerra aveva colpito anche la sua famiglia spezzando l'affetto. Un torrente di pianti, un vestito nero, un mazzo di fiori vicino una foto, poi più nulla: il tempo trascorrendo aveva cancellato il dolore e tutto era passato nell'oblio. Mi sono un po’ dilungato nel raccontare la vita di ospedale. Sono ricoverato e essendo senza medicine non mi fanno alcuna cura. Il gonfiore però dopo pochi giorni grazie a Dio è sparito, sarà forse stato il riposo.

Mappa Lager

 

20 marzo 1944 - Riconosco un soldato tedesco, guardiano del campo di Hannover. Mi riconosce anche lui  e mi fa capire che devo andare via con lui. La fabbrica mi reclamava. Si capisce che ogni discorso era inutile quindi tornai insieme a lui a Hannover e la mattina a lavoro. Comincio a star meglio e la mia forte fibra resiste a tutti i maltrattamenti e specialmente alla fame.

 29 Maggio 1944 - La mia cara Chiarina compie oggi i 33 anni. Chi sa quante sofferenze e quante lacrime, poiché riconoscono il suo temperamento velenoso. Gli faccio i miei migliori auguri sperando giorni migliori per lei. La sua vita è stata una continua lotta, ma spero che in seguito la fortuna voglia proteggerla e assisterla.

 30 maggio 1944 - Gli abiti sono ridotti in brandelli tra il lavoro e la sporcizia. Nelle baracche, le cimici e i pidocchi specialmente, sono a milioni. Non fai in tempo a cambiarli che sei più pieno di prima. Mi meraviglio che non scoppia qualche epidemia. In una stanza di 5 metri di lunghezza e 5 di larghezza si dorme in 36 persone. Luridume su tutta la linea. Nel campo che in principio eravamo 1200 siamo ridotti in 750. Gli altri morti o all'ospedale.

 1 Sett. 1944 - Dopo un anno di atroci sofferenze vengono finalmente a trovarci alcuni italiani del Sindacato di HANNOVER. Ci dicono che ci passano civili e dobbiamo firmare una dichiarazione. Ma l'odio nostro era ben troppo esacerbato e profondo verso i Tedeschi, che neanche uno ha detto di firmare. Ci siamo rifiutati in massa. Il Maresciallo tedesco vedendo il nostro reciso rifiuto e l'odio profondo per essi, ci ha minacciati di lasciarci morire lentamente di fame, fin quando non ci decidiamo ad accettare di passare civili. Noi abbiamo accettato la sua minaccia e anche qualche fischio è stato lanciato da qualche temerario all'indirizzo del Maresciallo tedesco, il quale è divenuto rosso per la bile e la sua mano è corsa alla pistola. Però si è subito ripreso e ha detto che saremmo stati passati civili ugualmente, anche senza la nostra firma. Per noi è uguale. Ormai siamo abituati alle sofferenze.

17 Sett. 1944 - Siamo civili sebbene non abbiamo firmato nessun documento. Però le nostre condizioni non sono cambiate. Tutto è uguale come prima. Si è più liberi, ma le estenuanti ore di lavoro sono sempre quelle. Però la nostra salute migliora, senza le legnate e le persecuzioni dei soldati tedeschi. Gli allarmi sono continui, ogni giorno, ogni sera vi sono i bombardamenti. Si vocifera che il Reparto sarà trasferito in un piccolo paese, causa i bombardamenti.

22 Nov. 1944 - Sono le ore 16. La fabbrica lavora in pieno. Ad un tratto la sirena da l'allarme. I Tedeschi volano ai rifugi perché hanno molta paura delle bombe. Gli stranieri sono obbligati di allontanarsi dalle fabbriche. Esco anche io e fatto un centinaio di metri, mi chiamano i miei due paesani e cioè: Arena e Caggiano e ci intratteniamo a discorrere del più e del meno. Non ci accorgiamo che gli aerei americani sono già su di noi e cominciano a sganciare bombe. Caggiano mi grida di scappare al rifugio che era lontano circa un 200 metri. Loro due vanno nel rifugio del campo e là il loro capo aveva proibito di andare altri stranieri. Naturalmente cominciai a correre, quanto mi permettevano i miei zoccoli di legno che i miei piedi me li avevano ridotti in un pezzo di piaghe. Però  sentii il fischio di una bomba molto vicino. Istintivamente, mi gettai a terra, sotto il muricciolo di una villetta. Mi strinsi sotto il muro e mi rannicchiai e mi strinsi su me stesso e credo divenni non più grande di un bambino. Inutile dire che mi raccomandai l'anima a Dio.Intanto udivo il fischio delle bombe che cadevano continuamente. Quei pochi minuti mi sembravano ore e ogni tanto, dopo il fischio e il dirompere delle bombe, una raffica di terreno misto a schegge di ferro e di pietre, mi colpiva le diverse parti del corpo.Istintivamente in un attimo di paura alzai il capo e a poca distanza da me, vidi un soldato tedesco in piedi. Fischiava un'altra  bomba e vidi allora sparire il soldato in una specie di ricovero, che io non avevo notato. Appena caduta quell'altra bomba  mi alzai in piedi e corsi al riparo dove erano dei soldati tedeschi. Essi erano gialli dalla paura, e credo lo ero anch'io, poiché le bombe cadevano vicino al rifugio e minacciavano di distruggerlo. Si meravigliarono vedendomi entrare nel rifugio senza essere stato colpito. Allora un po’ al sicuro, cominciai a palparmi per vedere se tutto il mio telaio era sano. Il mio esame era stato soddisfacente perché non ero stato ferito gravemente. Solo le mani  avevo sanguinanti, poiché li avevo messi sulla testa per proteggerla e quindi le schegge avevano esse colpite. Ancora una volta la mia vecchia carcassa aveva resistito. Cessato il bombardamento ritornai dai paesani i quali stavano in pensiero per me. Difatti le bombe erano scoppiate intorno al luogo ove ero io e la più vicina era caduta a circa 6 metri. Fortuna che era terreno, quindi solo schegge. Il tetto della loro baracca era volato, via e una fabbrica di gomma lì vicino era in fiamme.

7 Dic. 1944 - Viene l'ordine di partire e parto per Freden con altri specialisti. Qui si sta un po’ meglio per i bombardamenti poiché gli aerei sono solo di passaggio. La fame non è eguale a quella da prigionieri, poiché ci hanno aumentato la razione. Però non è sufficiente. Il direttore di fabbrica ing. Weis, viene ora lui personalmente a controllare la qualità del lavoro. Hanno fretta. La guerra richiede nuove armi. Il malumore dei capi è molto palese. Molti di noi sono a metà razione per delle settimane perché non lavorano secondo le richieste dei capi. Però noi gioiamo in cuore di questo loro umore nero e intravediamo la loro fine.

2 Gennaio 1945 - Lavoriamo al montaggio delle mitraglie, due specialisti tedeschi, io con un altro italiano. Viene l'ing. Direttore di fabbrica e vuole per l'intera settimana ben 32 mitraglie complete a costo di crepare. Un tedesco specialista, ottimo operaio, padre di 6 figli, lavoratore, serio ed energico, ci guarda in faccia a noi tre e visto che era impossibile produrre quel lavoro, prima ride rumorosamente di fronte all'ing., poi gli batte una mano sulla spalla e diventa a un tratto serio in volto gli dice: Tu farich, e cioè: tu sei pazzo. Credo che è stata la prima volta che un operaio tedesco si sia permesso di dirgli una simile parola, l'ing. è diventato prima rosso, poi giallo, poi bianco, e mettendo una mano dietro la schiena è andato via, senza dir parola. Temevamo delle gravi conseguenze, perché conoscevamo quell'uomo che è capace di tutto ed ha la rivoltella a portata di mano. Ma nulla è successo. Solo in quella settimana tutti quattro abbiamo montato solo 12 mitraglie, poiché i bombardamenti avevano distrutto alcune fabbriche che ci fornivano dei pezzi e quindi non si poteva lavorare regolarmente. Si prevede prossima la fine della Germania. Su tutti gli angoli della fabbrica e delle strade si vedono i marchi lacerati o i Pfenig a terra e nessuno li raccoglie. Ho offerto a dei Tedeschi 500 marchi per un chilo di pane, ma nessuno vuol sapere di marchi.

 10 febbraio 1945 - Le pressioni dei capi verso gli operai, sono divenuti più insistenti per aumentare la produzione bellica. Ma tutto è inutile. I bombardamenti hanno tutto polverizzato. I pezzi per le diverse armi non giungono mai a destinazione. Fra i tedeschi si nota un certo malumore quasi tutti prevedono la catastrofe prossima. Però il tedesco è testardo e lavora giorno  e notte assiduamente senza riposo. Però i loro sforzi sono vani. Iddio l’ha decretato la fine della guerra e il momento di espirazione di tutti i maggiori responsabili dell'immane conflitto.

 

1° marzo 1945 - Giungono colonne di profughi da Colonia, Dusseldorf, Dortmund, ecc. Dicono che gli Americani hanno oltrepassato il Reno. I tedeschi si cominciano a convincere della loro prossima fine. Il lavoro prosegue molto lento. I tedeschi cominciano ad essere svogliati. Però le pistole nelle tasche dei capi li obbligano a lavorare.

 

10 Marzo 1945 - Viene ridotta la razione a 1 chilo e mezzo di pane la settimana. Vivo e palese malcontento fra Tedeschi e stranieri. I capi sono preoccupati però rigidi e fermi agli ordini. Ricevo l'ultima cartolina da mio fratello Peppino.

 7 aprile 1945 - Si vocifera che gli Americani sono a 15 Km da Freden. Comincia la fine dell'ultimo atto. I magazzini di stoffe - cuoio - di tabacco ecc. - vengono presi d'assalto dai Tedeschi e quindi seguiti dagli stranieri. Assistiamo sorpresi allo sfacelo del grande Reich. La nostra gioia oggi è grande, la soddisfazione è immensa. La folla, dopo tanti anni di privazioni e di tessere, dà l'assalto ai magazzini, calpestandosi, urtandosi, e sanguinanti, portando via roba che il governo aveva depositato nei piccoli pese per sottrarla ai bombardamenti. Che quadro si è oggi offerto a noi. Non riesco a descriverlo. Naturalmente anche io ho preso un po’ di tabacco e di caffè. Questi maledetti, non ci hanno date le sigarette da 5 mesi. Adesso si fuma a tutto vapore.

 8 aprile 1945 - Domenica si fa festa, quindi si dorme fino a tardi. Sono le 7 di mattina. A un tratto tra tutto il silenzio del sonno, un mattiniero grida tra il corridoio. Ragazzi ho visto gli Americani giù. Si levano le teste alle coperte, si stropicciano gli occhi, e si guarda nell'oscurità. Alcuni si alzano, altri si mettono sotto le coperte, credendo in uno scherzo. Però altre grida più forti: Ci sono gli Americani. Non so quanti secondi impiegai  a vestirmi, certo un tempo da primato. Ci precipitammo giù alle scale e c'era un carro armato con tre o quattro americani, che stavano inutilizzando la stazione ferroviaria. Non ricordo se a tale vista ho pianto o riso. Però avevo il cuore che batteva almeno mille colpi al minuto. Il mio pensiero naturalmente corse subito ai miei cari. Dopo pochi minuti arrivarono delle altre truppe e il piccolo paese di Freden viene occupato senza sparare alcun colpo. Viene subito aumentata la razione del pane, a mezzo chilo al giorno, e niente più lavorare. Gli americani al loro passaggio, buttano tra di noi, sigarette in quantità. Intanto la folla svaligia le fabbriche e i magazzini, sotto lo sguardo ironico e sorridente degli Americani che masticando e fumando senza posa se la godono di quello spettacolo. In breve nei magazzini, sono lasciati solo scansie nude e ben pulite. Tutto è stato asportato. La catastrofe è accaduta. Si prevede prossima la fine della guerra. Gli Americani vanno sempre avanti senza riposo. Passano colonne interminabili di carri armati.

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2 Maggio 1945 - Dalla venuta degli Americani, la vita è divenuta una continua allegria. La mattina ore 11 sveglia e dopo poco giunge il carro con il rancio che ci portano alcuni capi Tedeschi. Poi dal pomeriggio fino alle ore 4 dell'altra mattina si balla con ragazze polacche e tedesche e alcune di esse vanno a letto con alcuni nostri ragazzi. È incominciata la prostituzione. Ragazze e giovani spose vanno per le strade e nel nostro lager in cerca di avventure amorose, e molte di esse durante la guerra non si degnavano di guardare un Italiano, mentre ora gli si danno anima e corpo. Io assisto tranquillo a tutto, contento della misera fine del Grande Reich.

 3 Maggio 1945 - Apprendo dalla Radio dell'occupazione di Hamburgo. Penso a mio fratello Peppino che fine ha fatto. Appena possibile cercherò di andare a trovarlo.

 4 Maggio 1945 - I capi-fabbrica e cioè  ingegneri, capi operai e impiegati, vengono presi dai russi e bastonati, poi li hanno portati qui e gli hanno fatto pulire anzi lucidare i gabinetti e le nostre stanze, come così in tutta la Germania.

 8 maggio 1945 - fine della guerra in EUROPA la Germania si arrende incondizionatamente (Scritto sulla pagina pari solitamente lasciata bianca, forse per evitare che l'inchiostro macchiasse). Incontro il Direttore della fabbrica ing. meccanico Weif con la moglie e portava sulle spalle zappa e rastrello che ritornava dalla campagna ove lavorava. Tutti indistintamente i Tedeschi ora lavorano, ieri con il cervello o con le braccia, ora con la zappa poiché gli hanno detto che se coltivano i campi mangiano. Essi però non si perdono di animo e non si vergogna ora un ingegnere, che ieri comandava  una fabbrica di 2000 operai, oggi di zappare il terreno. Questa gente è capace di tutto e perciò credo che si rimetterà molto presto, forse prima dell'Italia. Ascoltiamo dalla Radio le lotte politiche in Italia. Noi siamo disgustati di tutto ciò. Pensano al potere e non pensano che fra di noi ci sono molti ammalati che hanno bisogno di rientrare per curarsi. I signori partigiani sono stati gli eroi di tre giorni, ma noi siamo stati gli eroi e i martiri di due anni. Perché non si aspetta il rimpatrio di noi per la costituzione del nuovo governo? Temono? Purché pensino al nostro rientro.

20 Maggio 1945 - Vanno via gli Americani e prendono il posto gli Inglesi. Questi hanno una disciplina molto rigida.

30 Maggio 1945 - La vita trascorre con monotonia e con noia. Si mangia, si dorme e ci si diverte a ballare, sport che a me poco piace. Io guardo e solo così mi diverto. Se avessi mio fratello Peppino con me, sarebbe diverso. Penso sempre che lui possa venire qui a raggiungermi. Oggi è venuto qui un maggiore inglese e gli ho detto che voglio un permesso per andare a HAMBURGO da mio fratello. Lui ha preso appunti del suo indirizzo. Se ho il permesso  e bene altrimenti ho preso la ferma decisione di farne a meno. (Da questo punto in poi cambia il tipo di inchiostro usato: si passa dal blu al nero. Lungo il margine sinistro della pagina è scritto: Alla ricerca di mio fratello Peppino)

24 Maggio 1945 - Finalmente ho avuto il permesso dal comandante Inglese di andare a HAMBURG a trovare mio fratello che ho detto si trova ammalato all'ospedale. Oggi stesso partirò per HAMBURGO, ma non sono sicuro se viaggiano i treni fino costà. In tutti i casi ci andrò ugualmente a costo di fare dei Km a piedi. Ho deciso di portare poca roba con me e cioè il necessario, caso mai non lo trovo subito e avrò da girare. Porto una valigetta.

24 Giugno 1945 - Giungo a HANNOVER e aspetto domattina per proseguire per HAMBURG.

25 Giugno 1945 - Alle ore 7.30 parto per Hamburg. Nel treno faccio amicizia con un Russo-Tedesco insieme a due ragazze polacche. Veniamo a parlare del più e del meno e dico loro lo scopo del mio viaggio ad Amburgo. Anche loro vanno costà, ma lo scopo del loro viaggio non lo capisco. Mi mostrano solo vari passaporti sotto nomi diversi. Intuisco la loro identità. Si offrono di accompagnarmi a Nieredorf, dove sta mio fratello. La sera giungiamo ad HARBURG a circa 15 km da Amburgo. Decidiamo di prenotare ad HARBURG.

 26 giugno 1945 - La mattina ci avviamo per HAMBURG e facciamo 15 Km a piedi per questa località. Arriviamo a HAMBURGO nel pomeriggio. Verso le 17 andiamo col trama Nieredorf. Mi presento alla Ditta Sundermann e domando di mio fratello. Parlo con lui direttamente e mi dice che un mese prima gli Inglesi erano passati con le macchine e li avevano portati via. Dove? Non lo sapeva. Forse ad Arburg, forse in un altro posto ad HAMBURGO stesso. Figuratevi come rimasi. Però non mi diedi per vinto e decisi di trovarlo a ogni costo. ma è una parola. Trovarlo in mezzo a 30.000 italiani che sono disseminati nella zona di HAMBURGO. Decidiamo di pernottare a Niredorf. Domattina si vedrà. La notte porta consiglio.

27 - 6 - 945 La mattina col russo-tedesco mi presento al consolato italiano. Grazie ai documenti di questo amico riesco subito a presentarmi al capitano italiano (Giorgi) là addetto. Sfoglia e risfoglia schede e registri il capitano finalmente dice che il nome di mio fratello non c'è scritto e che lui non sa dove sia. L'unica mia speranza di sapere qualcosa da lui di concreto, la perdo. Allora mi domando dove lavorava. Io glielo dico. Allora lui mi dice che probabilmente essi sono stati portati a Borgvek, un lager distante da lì circa 8 km, però c'è la ferrovia sotterranea che fortunatamente è la sola che funziona. Però mi aggiunge che se non lo trovo lì, è come cercare un ago in un pagliaio. Io testardo nella mia ricerca. Il capitano mi fa una pianta succinta della ferrovia sotterranea ecc. e vado via. L'amico visto che la faccenda va per le lunghe, mi dice che va ,via e forse a Berlino. Ci salutiamo cordialmente anche con le ragazze e ci separiamo. Io proseguo solo. Prendo la sotterranea e vado a Borgvek. Là c'è un lager. Parlo con il comandante del campo, un capitano e mi risponde che lì non c'è, però quelli di quella Ditta (Sundermann) furono portati ad HARBURG a 15 Km e il treno non funziona. Probabilmente sosta lì. (Caserma Dominik) Notizie sommarie! Che fare? i miei piedi sanguinano, le gambe sono stanche. Non mi do per vinto. Deciso a continuare ricerche. Così comincio la via a piedi ancora. Fortuna che trovo una motocicletta che mi accompagna ad HARBUG. Vado alla caserma Dominik ove sono gli Italiani, ma gli Inglesi di guardia alla porta non mi fanno entrare. Mi siedo scoraggiato sul muro di cinta della caserma e forse sono a due passi da lui senza poterlo vedere. Passa un Italiano e gli domando come si fa per entrare in caserma senza permesso. Mi risponde di seguirlo e andiamo da dietro la caserma e saltato uno steccato entriamo. Mi presento subito al Com. Italiano del campo. Là c'è un sottotenente di Aviazione al quale racconto lo scopo della mia presenza. Egli mi dice nome, cognome e paternità. Figuratevi come gioisco. Sarà lì per forza. Però mi dice che è andato, via una decina di giorni prima con altri uff. per inquadrare dei soldati per il rientro in Italia. Detta località distava un dieci Km e naturalmente la ferrovia non funzionava. Inizio la strada a piedi, si capisce; fortuna che incontro un furgoncino che mi porta in quella località. Vi sono qui tre lager e io vado dal più vicino. Entro e un soldato mi accompagna all'alloggio Uff. Domandiamo a un UFF. e risponde: Baldassarra, mai sentito. Allora decido di andare dal Com  Campo. Mentre mi avvio, incontro un Tenente e domando. Lui dice: Seguimi. Mi conduce nella sua stanza ove sta mio fratello. Finalmente: ... Dopo pochi giorni sono andato a Freden, ho preso tutta la mia roba e son ritornato qui a Fischbeck in attesa di rimpatriare insieme.

 

 

Considerazione sui Tedeschi

 

Generalmente biondo, capelli lisci tagliati a la francescana, senza baffi, e barba rasata quasi giornalmente. Uomo calmo, severo, lavoratore, ma di animo cattivo e perverso. Non proclive a far del bene. Testardo come un asino discute assai poco. La maggior parte attaccati al partito nazista. Segue ciecamente, fino all'estremo sacrificio, gli ordini impartitigli anche da un piccolo capo. Lavora tranquillamente sotto gli ordini dei capi. Poco intelligente, ma i capi hanno solo questo privilegio. Poco affettuoso verso la famiglia. Assai pauroso dei bombardamenti. Si radono giornalmente, ma hanno poco gusto nel vestire. Scherzano pochissimo.

 

 

Cosiderazioni sulla donna Tedesca 

Generalmente bionda, statura regolare, corporatura regolare. Molto pulita, anzi a mio parere, essa è la donna più pulita d'Europa. Dalle case che  di fuori sembrano masserie, dentro è un paradiso, come è disposta la casa e come è essa è pulita. Lavoratrice instancabile, buona educatrice dei figli, poco affetto verso gli uomini. Di animo crudele e perverso, sorpassa alteramente un povero morente di fame steso a terra, come sorpasserebbe un ricco che mangia a crepapelle. Durante questa prigionia, qualche operaio tedesco aveva pietà di noi Italiani e ci buttava il resto del suo pane o gli avanzi di una sigaretta, ma nessuna donna che lavorava in fabbrica con noi, ha avuto compassione del nostro evidente  miserevole stato. Mai un tozzo di pane ci si è avuto da esse. Credulone anch'esse al pari degli uomini, nel nazismo. Alla disfatta di esso, esse accettano freddamente e con alterigia, tutte le prime privazioni e sacrifici che le vengono imposte. Lavorano instancabili. Corteggiate per pochi giorni si danno volentieri, poiché gli uomini loro sono freddi. Molte hanno imbracciato il fucile, con la stessa facilità di maneggiare l'ago. Fumano molto, circa il 90%.

Riflessioni sulla licenza a casa - dal 30 luglio al 31 agosto 1943 

Durante tale periodo ho trascorso dei giorni felici con mia moglie.

Assaporando tutte le gioie domestiche come un ebbro assetato di passione e vivevo, però, sotto l'incubo di un terribile sogno.

Non ci davo però a queste idee oscure e non ero effettivamente sicuro di essere a casa finalmente un po’ libero.

Avevo il presentimento che giorni terribili dovevano succedersi a quelle giornate di vera felicità. Non mi sbagliavo! Malgrado le tristissime condizioni che mi trovo oggi, me la passo bene. È solo il pensiero di mia moglie e dei miei cari che mi tormenta e mi affligge continuamente.

E dei due fratelli alle armi che ne sarà successo di loro?

Ignoro la loro sorte

Vado in giro nel campo di prigionia se vedo qualcuno di loro. Ho dimenticato di nuovo le sembianze dei miei, mi sembra di non averli visti da parecchi anni, sebbene sia da circa un mese che li ho visti l'ultima volta.

Ma mi rassegno e prego e penso sempre  a loro. E dopo l'occupazione degli Inglesi del lor territorio, sono vivi? Sono bene in salute? Questi sono gli interrogativi che ogni tanto assillano il mio pensiero. Spero almeno che stanno bene. Oggi si vocifera, ci daranno le cartoline per scrivere a casa. Ma, come allora avevo il presentimento che sarebbe accaduto qualche cosa di grave, così ora ho la convinzione che il S. Natale (1) sarà fra i miei cari, do… dalle poche notizie che qui pervengono si presume la fine della guerra.

Wietzendorf 4-10-943

 

(1) sarà poi il S. Natale del 1945.



[1] Nota a cura dell'autore