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La battaglia meridionalista di Tommaso Fiore si attua anche attraverso l’attività di recupero e scoperta della cultura, della storia e della tradizione pugliese. 

Questo aspetto si riflette nella stesura del sussidiario Arsa Puglia, che lo scrittore altamurano intraprende fra la fine del 1923 e il 1924. Il volume, edito nel 1925, non ha l’approvazione ministeriale ed è quindi ripubblicato con alcune modifiche l’anno seguente con il titolo Puglia laboriosa.
Fra il 1925 e il 1926, Tommaso Fiore scrive le sei Lettere pugliesi, inviando le prime quattro a Piero Gobetti, che le pubblica sulla sua «La Rivoluzione Liberale», e le ultime due, dopo la morte del giovane Gobetti, a Giuseppe Gangale, direttore di «Conscientia». Le Lettere sono riunite in volume nel 1951, con il titolo Un popolo di formiche, e vincono il premio letterario Viareggio nel 1952. L’opera è un viaggio fra le sofferte condizioni di vita del popolo pugliese, industrioso e tenace ma anche oppresso da anni di malgoverno locale e del trasformismo del ceto possidente. Il cafone all’inferno (1955) è, invece, una raccolta di otto saggi e rappresenta un’inchiesta giornalistica di alto livello.
Tommaso Fiore si adopera anche nella diffusione della cultura pugliese per mezzo di conferenze e recensioni e nella creazione di una fitta rete di rapporti fra intellettuali. Si lega, infatti, a personalità quali Eugenio Selvaggi, Antonio Torro e Filippo Maria Pugliese.
Terra di Puglia e Basilicata (1968) evidenzia l’attenzione di Fiore per la poesia dialettale. Interesse testimoniato anche dalla sua stessa attività poetica e dalle numerose recensioni alle opere di Francesco Saverio Abbrescia, Francescantonio D’Amelio, Giacomo Strizzi, G. De Dominicis, di Pugliese e Davide Lopez.
Con Formiconi di Puglia (1963), Tommaso Fiore traccia un ritratto culturale della sua Terra dal 1900 al 1945. In esso trova largo posto una realtà che lo vede direttamente protagonista anche attraverso i rapporti con la casa editrice Laterza.