Augusto Monti, il lungo viaggio epistolare 

nel “Secolo Breve”

di Massimo Novelli

Augusto_Monti

Cinquant'anni fa, nella notte fra il 10 e l’11 luglio del 1966, Augusto Monti moriva a Roma. Nato nel 1881 a Monastero Bormida, nelle Langhe astigiane, è stato romanziere (soprattutto con I Sanssôssì, una grande saga del vecchio Piemonte) e saggista, antifascista di Giustizia e Libertà (venne condannato dal Tribunale Speciale a 5 anni di carcere) e amico di Piero Gobetti, di Benedetto Croce, di Gaetano Salvemini.

E fu educatore, professore in vari istituti d’Italia, impegnato per decenni nelle battaglie per la difesa della scuola laica e pubblica. Un’i n t era generazione di intellettuali, di dirigenti politici, di oppositori del fascismo, lo ebbe al torinese liceo classico Massimo d’Azeglio come maestro di “scuola classica e vita moderna”: da Giulio Einaudi a Cesare Pavese, da Leone Ginzburg a Massimo Mila, da Vittorio Foa a Giancarlo Pajetta. Era il “Profe”, come lo chiamava Pavese, che seguì fin dagli inizi nella sua avventura letteraria; ma anche il collaboratore de La Rivoluzione Liberale e di Il Baretti di Piero Gobetti, l’uomo di sinistra che non esiterà, pur tra non poche contraddizioni, a vedere nel Partito comunista l’erede del Partito d’Azione.

A TESTIMONIARE la ricchezza umana e culturale di Monti, la sua scrittura unica, a cavallo fra classicismo e innovazione, arriva in libreria, tra qualche giorno, il corposo epistolario. Esce con il titolo Continuare per cominciare. Lettere 1910-1966. Pubblicato da Araba Fenice, che ha già ristampato tutte le opere montiane dopo che Einaudi, anni fa, aveva deciso di non ristamparle, il volume è stato curato da Francesco Mereta e Alberto Sisti, con un’introduzione di Giovanni Tesio. Le corrispondenze dello scrittore piemontese si aprono, nel 1910, con una lettera all’in - segnante e pedagogista Giuseppe Lombardo-Radice, seguita da una a Salvemini, al quale Monti fu legato per tutta la vita. Poi il suo viaggio epistolare straordinario nel Novecento prosegue tra Grande Guerra (Monti fu imprigionato dagli austriaci) e marcia su Roma, adesione a GL e arresto da parte dei fascisti (nel maggio del 1935), Liberazione e dopoguerra, attraverso gli scambi nutriti di lettere con Gobetti, Croce, Luigi Einaudi, Giovanni Ansaldo, Paola Malvano, Tullo Pinelli (lo sceneggiatore di Federico Fellini), Manara Valgimigli, Luigi Russo, Ernesto Rossi, Norberto Bobbio, Giulio Einaudi, Aurelio Verra, Cesare Pavese, Italo Calvino, Giovanni Arpino, Franco Antonicelli e tanti altri protagonisti del mondo culturale italiano.

Spiccano, tra le lettere pubblicate, tutte inedite, quelle a Gobetti, a Croce, a Salvemini. È a Piero che, il 25 luglio del ’23, da Brescia scrive: “Carissimo, ho pensato allo ‘stemma’per R. L.”, cioè per la nuova rivista, Rivo - luzione Liberale, di Gobetti. Continua: “E se si riprendesse quello del Campanella. Campana in volata, col motto non tacebo!”. E “se il motto di questo stemma non va, sostituirlo con quell'altro, bene alfieriano, in greco “, ovvero “che ci ho a che fare con i servi”.

COSÌ, aggiunge Monti, “ci sarebbe la rivoluzione e l’aristocrazia e la libertà e il Piemonte e l’Italia e tutto insomma quello che a noi preme di più”. Ed è a Salvemini che, il 22 settembre del ’49, rivendica con orgoglio la sua scelta, lui vecchio azionista, di votare per il Pci: “Oggi io sono ancora a quel punto: i socialisti di oggi sono i comunisti, io voto i comunisti, sempre perché votar per loro vuol dire votar per i poveri e votar per gli altri (per tutti gli altri, compresi i saragattiani) vuol dire votar per i signori”.

Oltre a riportare un po’ di attenzione su una figura della nostra cultura messa da troppo tempo in disparte, dimenticata, l’e pi st ol ar io edito da Araba Fenice, che ha in programma numerose iniziative per il cinquantesimo anniversario della sua scomparsa, è un atlante letterario, politico, esistenziale, una geografia umana, del “secolo breve”. Dove accanto al coraggio, all'onestà, alla coerenza dei pochi, da Monti a Gobetti, a Salvemini, s'affollano i conformismi, i tradimenti, le viltà dei tanti.

Il Fatto Quotidiano, 07.05.2016