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Fiore-Dolci, il carteggio tra pace e solidarietà
di Stefania Di Mitrio
Un fitto scambio di lettere tra due esponenti di spicco della cultura e della politica del Novecento. Il professore e l'architetto. Il carteggio tra Tommaso Fiore e Danilo Dolci, è il titolo del libro di Giuseppe Dambrosio che sarà presentato oggi alle 17 nella Teca del Mediterraneo (Biblioteca del Consiglio regionale della Puglia via Gentile - Bari). Pubblicato dalla casa editrice Libreria Dante & Descartes di Napoli (pp. 86, euro 15), al centro del libro vi è il rapporto epistolare che si riferisce al periodo 1953-1970, tra il fine intellettuale meridionalista, scrittore e saggista, già sindaco di Altamura, autore di Un popolo di formiche e protagonista del dissenso al fascismo, Tommaso Fiore, e il poeta, sociologo, educatore, definito il «Gandhi» italiano, più volte candidato al Nobel, Danilo Dolci.
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FIORE E DOLCI: la coscienza civile mandava lettere
di Carlo Vulpio
Perché è utile, oggi, leggere una corrispondenza epistolare di una quarantina di lettere che due persone si sono scambiate tra il 1953 e il 1970? Per due motivi molto semplici. Il primo: «quei due»erano il grande meridionalista Tommaso Fiore e il grande pedagogo, sociologo e teorico della non violenza Danilo Dolci, quarant'anni più giovane di Fiore e tuttavia da questo apostrofato come «maestro», il secondo: il carteggio è un esempio di «concretezza» politica e culturale, merce ormai rara tra le nebbie e le mode del politicamente corretto.
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L’invenzione del futuro di Danilo Dolci
di Franco Lorenzoni*
Danilo Dolci a Partinico, in provincia di Palermo, 1963. (Ferdinando Scianna, Magnum/Contrasto)
“Ciascuno cresce solo se è sognato” è un verso noto e citato spesso nel mondo dell’educazione attiva. Assai meno nota è la vita di Danilo Dolci, nato il 28 giugno di cento anni fa a Sesana, allora in provincia di Trieste. Eppure i pensieri e le azioni di uno dei maggiori animatori di lotte nonviolente organizzate dal basso hanno molto da insegnare, ancora oggi, a chi creda all’educazione come terreno di emancipazione sociale.
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Questioni e polemiche
di Tommaso Fiore
Non fu un puro caso che, fuggendo in Francia, Salvemini consegnasse a Gobetti un mio scritto su Giolitti, che apparve fuori a metà del '23 su «Rivoluzione Liberale ». Appunto! Rivoluzione, non conservazione, e libertà in funzione di rottura col passato, non già di consolidamento di esso. Che cosa possiamo conservare noi del Mezzogiorno? Quale inesistente vita civile, quali libertà, quali classi dirigenti, quale assetto sociale?
Francesco Radino, paese della Lucania.
Oggi è opportuno ricordare, del grande amico di cui non conobbi Il volto se non dopo morte, la lezione da lui data al suo maestro Einaudi: «Anche il movimento popolare è un mirabile esempio di liberalismo, anch'esso nasce senza una teoria ». Ovvero anche: «Una democrazia vera deve nascere sul terreno storico del marxismo, e i democratici italiani che, sulle orme del buon Colajanni, imprecano a Marx, sono fior di reazionari ». Dopo questo, verrà uno scrittore del «Mondo » a rimproverarmi di esser passato dall'altra parte, di aver quasi tradito il liberalismo!
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Chi mistifica la storia insulta anche mio padre e gli alpini mandati a morire
di Marco Revelli
Equiparare il prima e il dopo 8 settembre è un’offesa alla memoria. E i giudici ricordino che le braccia tese non sono episodi innocenti
Archivio Nuto Revelli
"Per l'Italia sempre…, prima e dopo l'8 settembre 1943”. Questo titolo del calendario dell'esercito 2024, "fortemente voluto” dalla sottosegretaria Isabella Rauti, è un insulto alla storia. Ignora che quella data ha spaccato la vicenda nazionale in due parti tra loro contrapposte. Quel giorno, quando l'esercito italiano si sciolse con vergogna, rappresentò il punto di arrivo della rovinosa caduta del nostro Paese provocata dal fascismo e dalle sue guerre d'aggressione: la morte di quella Patria che il Regime avrebbe voluto esaltare e che invece distrusse.
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La repubblica italiana è nata dalle ceneri dell'8 settembre
di Daniele Susini
E' una data spartiacque, in cui inizia la presa di coscienza collettiva di ciò che è stata la dittatura fascista Seguiranno mesi terribili, ma è questo il punto di partenza fondamentale per la creazione di una nuova Italia
Il maresciaIIo BadogIio FOTO AP
«Il governo italiano, riconosciuto l'impossibilità ai continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Di conseguenza, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».
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Dall'autobiografia inedita di Tommaso Fiore
La collera popolare dell'aprile 1919
Il brano che segue fa parte dell'autobiografia inedita scritta da Tommaso Fiore negli ultimi due anni della sua vita, e si riferisce a uno degli episodi più noti della lotta antigiolittiana nei comuni della Puglia, contro i deputati trasformisti tante volte messi sotto accusa da Gaetano Salvemini, tra i quali la letteratura meridionalista ricorda soprattutto l'onorevole De Bellis.
L'on. Pasquale Caso, deputato da varie legislature, roccaforte del giolittismo nel grosso centro rurale delle Murgie, dopo una dura lotta popolare guidata da Tommaso Fiore alla testa del movimento dei combattenti, fu battuto nelle elezioni amministrative e Tommaso Fiore prese il suo posto.
L'incendio al municipio di Altamura che avvenne esattamente il 27 aprile 1919 fu un episodio della reazione popolare contro il malcostume e la corruzione di cui l'on. Caso era espressione. Tommaso Fiore aveva già descritto i fatti di Altamura in un articolo che apparve sull' Unità di Salvemini il 17 luglio del 1919 e che è stato ripubblicato nella raccolta di scritti L'incendio al municipio, a cura di Vittore Fiore e con prefazione di Gaetano Arfè, pubblicata dall'edizione socialista Lacaita nel 1967.
Quando Tommaso Fiore mandò la prima redazione dell'articolo al direttore dell'Unità salvemeniana, costui gli scrisse: «Caro Fiore, il tuo articolo ci procurerebbe centinaia di querele per diflamazione; i magistrati riceverebbero l'ordine di mandarci all'ergastolo. Bisogna dunque procedere con prudenza e non cadere nelle imboscate››. Gaetano Salvemini concludeva la sua lunga lettera consigliando Tommaso Fiore di consultarsi con il grande geografo meridionalista Maranelli e con il grande storico dell'economia socialista Gino Luzzatto, perchè temeva un grosso processo a loro danno.
Quello descritto non fu naturalmente il solo arresto di Tommaso Fiore. Egli venne arrestato a Cagnano Varano, in provincia di Foggia, quando la Gibson attentò a Mussolini e successivamente - come è noto nel 1942 e nel 1943.
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Dopo cinque lustri
Colloqui con Gobetti
di Tommaso Fiore
Piero Gobetti visto da Felice Casorati
Ci pieghiamo con tremebonda commozione verso la tomba di questo giovine apertasi il 15 febbraio '26, e grazie siano rese a Paolo Spriano, che ne ha saputo scegliere il pensiero più vivo
in questa «Coscienza liberale e classe operaia», Einaudi 1951. Con la sua prefazione si può anche consentire, salvo che nessuno di noi, collaboratori del piemontese, si è mai accorto di un Gobettí conservatore (p. 18).