I borghesi avevano sempre ottenuto tutto. Sin dalla rivoluzione del 1789, erano stati i soli ad arricchirsi nei periodi di prosperità, mentre la classe lavoratrice aveva dovuto regolarmente sopportare il costo delle crisi. Bisognava ribaltare questo corso e, all’indomani della cattura di Napoleone III, sconfitto dai tedeschi nel settembre del 1870, e della nomina, cinque mesi più tardi, di Adolphe Thiers a capo del governo, il popolo di Parigi fu animato da un nuovo spirito di lotta. La prospettiva di un esecutivo che avrebbe lasciato immutate le ingiustizie sociali scatenò la ribellione nella capitale francese. Il 18 marzo 1871 scoppiò una nuova rivoluzione; Thiers e la sua armata dovettero riparare a Versailles.
Il 22 febbraio 1943 venivano giustiziati a Monaco di Baviera Hans e Sophie Scholl e Christoph Probst, membri del gruppo della Rosa Bianca (Die weisse Rose), giovani che resistettero in maniera non violenta al nazismo, tutti poco più che ventenni. Erano credenti di religione cristiana (protestanti, cattolici e un ortodosso).
Il gruppo operò aMonaco di Baviera, città nella quale diffuse sei volantini che invitavano i tedeschi a ribellarsi con la resistenza passiva al regime nazista. Un episodio della resistenza tedesca poco conosciuto,
Si legge nel loro terzo volantino: “a molti, probabilmente alla maggior parte dei lettori di questo volantino, non è chiaro come sia possibile esercitare una resistenza efficace [...]. Noi non abbiamo molti mezzi, ce n’è solo uno a nostra disposizione: la resistenza passiva” (nell’originale: viele, vielleicht die meisten Leser dieser Blätter sind sich darüber nicht klar, wie sie einen Widerstand ausüben sollen [..]. Wir haben keine reiche Auswahl an solchen Mitteln, nur ein einziges steht uns zur Verfügung - der passive Widerstand). E questa azione di resistenza passiva avrebbe dovuto esercitarsi tramite il sabotaggio: degli eventi nazisti, delle loro manifestazioni artistiche, delle loro pubblicazioni, delle loro raccolte fondi anche quando quest’ultime venivano fatte passare per opere di beneficenza e di tutto quanto poteva favorire la propaganda di regime. I primi quattro volantini si chiudevano con brani o poesie di filosofi e scrittori, a sottolineare quindi la grande cultura dei membri della Rosa Bianca: Schiller e Goethe nel primo volantino, Lao-Tze nel secondo, Aristotele nel terzo, Novalis nel quarto. Principali responsabili della loro stesura furono Hans Scholl e Alexander Schmorell: quest’ultimo venne giustiziato il 13 luglio 1943 a 25 anni d’età.
Di seguito sono riportati integralmente i sei volantini, tratti dal sito della Bundeszentrale für politische Bildung ovvero l’Agenzia federale tedesca per l’educazione civica, www.bpb.de. Una lezione di coraggio e di raffinatezza! Gli studenti si sono battuti per gli ideali nobili di non violenza, a sostegno della pace, contro ogni tipo di sopruso e di discriminazione. Un messaggio, quello della Rosa Bianca, ancora attualissimo.
Oggi è molto difficile provare a immaginare la Taranto degli anni Cinquanta, afferrare il suo spirito, i suoi lineamenti. È difficile farlo per chi allora non c’era, per chi guarda a quel passato dai bordi di una città profondamente mutata. Eppure – se c’è un tratto che emerge nei resoconti dell’epoca – è quello del mesto crollo di un tessuto urbano edificato intorno all’apparato naval-militare nei sei decenni precedenti. Quella città, nel bene e nel male, era ormai al capolinea.
9 settembre ’43 e Bari scoprì la dura lezione della Resistenza
di Arturo Cucciolla
Nove settembre 1943. Il giorno prima, alle 19.42 dai microfoni dell’EIAR, Badoglio aveva proclamato l’entrata in vigore dell’armistizio firmato già il tre di settembre a Cassibile con gli Alleati. L’ambiguità dell’annuncio generò confusione e sbandamento nel Paese e in particolare nelle forze armate; nei giorni successivi più di ottocentomila soldati italiani furono catturati dai tedeschi e internati nei lager; più della metà degli effettivi abbandonarono le armi e cercarono di tornare alle loro case. I tedeschi attuarono subito l’operazione, da tempo pianificata, definita Achse, occupando militarmente l’Italia. In questo quadro generale di sconcerto e di sbandamento, nel nostro meridione si pose immediatamente il problema di fronteggiare l’esercito tedesco in ritirata, incalzato dagli Alleati che risalivano la penisola, che mise in atto ovunque atti feroci di ritorsione e tentò con ogni mezzo di lasciare dietro di sé terra bruciata e rovine.
Matteotti non fu mai popolare. Tra i compagni era tenuto in sospetto per la ricchezza: gli avversari lo odiavano come si odia un transfuga. Invece Matteotti era un aristocratico di stile, non di famiglia. Il suo socialismo non è la ribellione avventurosa del conte Graziadei che abbandona una famiglia secolare e, rompendo le tradizioni, accetta la vita dello studente spostato con l'amante intellettuale che diventerà la moglie inquieta della famiglia piccolo-borghese, come succede ad ogni buon nichilista - fedele al programma demagogico di andare al popolo.
Di Corrado Alvaro (1895 1956) mi ha sempre impressionato l'aspetto fisico, il suo volto. Per questo, nel ricordarlo a centoventicinque anni dalla nascita, ripropongo il ritratto che ne fece il critico letterario Pietro Pancrazi, una descrizione che dice molto sull'autore di Gente in Aspromonte: «Qualche settimana fa ho inteso Corrado Alvaro parlare in pubblico in una illustre sala fiorentina, che è sempre per uno scrittore non Toscano una bella prova. Parlava della sua Calabria, e calabrese restò. Con quella sua faccia che sembra un pugno chiuso visto di profilo, si pose di fronte alla sala e per un'ora disse il fatto suo cosa su cosa e quasi con un senso di necessità».
“E forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”
di Giuseppe Dambrosio
Il 20 agosto di 220 anni fa accaduto impiccata in piazza Mercato a Napoli Eleonora Pimentel de Fonseca, l'eroina della Rivoluzione Napoletana.
Di origini portoghesi ma nata a Roma il 13 gennaio 1752, fu fine intellettuale, giornalista, poetessa e politica. Eleonora Pimentel Fonseca è ancora oggi una delle figure storiche più affascinanti di sempre.
Il contributo degli altamurani alla costruzione dell'Italia libera e democratica
di Giuseppe Dambrosio
Nel 74esimo della Liberazione dal nazifascismo, festa della Repubblica, è doveroso ricordare gli altamurani che diedero il loro contributo alla costruzione dell'ITALIA LIBERA E DEMOCRATICA: Paolo Casanova, Tommaso Fiore, Michele Cornacchia. Sante Cannito.
L'8 febbraio di 220 anni fa ad Altamura si innalzava l'albero della libertà: si apriva l'esperienza rivoluzionaria del 1799 che interessò molti centri del regno di Napoli
a cura di Giuseppe Dambrosio
L'albero della libertà è stato il simbolo della Rivoluzione Napoletana del 1799. Importato ed imposto dalle armate francesi è innalzato in tutto il regno di Napoli. Ad Altamura, ostinata città democratica, fu accolto con entusiasmo e convinzione. Di seguito un estratto significativo di ciò che accadde 220 anni nella città murigiana tratto da "Notizie raccolte da Michele Rotunno contadino di anni 90, da Antonio Seminaro calzolaio di 84 anni, da Francesco Armiento contadino di anni 86, da Sig. Francesco Giannuzzi ed altri seniori Altamurani su le vicende del 1799 ".
l 15 gennaio 1919 Rosa Luxemburg fu assassinata a Berlino in circostanze ancora oscure, nelle fasi conclusive dell'insurrezione comunista soffocata nel sangue da un'effimera quanto efficace coalizione tra forze socialdemocratiche e reazionarie. La sua fine tragica ha privato la sinistra europea di una voce originale e autorevole ma ne ha fatto un simbolo che ha conosciuto stagioni alterne, pur di immutato interesse. Grazie a Stefan Berger, direttore dell'Istituto per la storia del lavoro dell'Associazione tedesca di storia del lavoro, Cent'anni dopo ricostruiamo un profilo della Luxemburg e della sua eredità politica.
La mobilitazione contro chi si opponeva ai valori antifascisti è stata il tratto fondativo della nostra Repubblica È ancora così?
Da sempre il 25 aprile è il segnale di un clima: “racconta” il modificarsi di un Paese, il suo vivere il proprio passato e il suo immaginare il futuro. Ed è uno sfregio il primo segnale venuto quest’anno, il rifiuto della giunta di centrodestra di Todi di dare il proprio patrocinio alle celebrazioni dell’Anpi: l’antifascismo sarebbe “di parte”, per una giunta che ha il sostegno di CasaPound. Non è affatto un segnale minore, mentre sul proscenio si susseguono incauti osanna alla “Terza Repubblica”.
Era il 12 agosto 1944 quando un battaglione delle SS con la complicità dei fascisti italiani raggiunse Sant’Anna di Stazzema e trucidò 560 innocenti. Ogni anno ci ritroviamo in questo periodo a ricordare questa tragedia, poiché è il simbolo della follia, dell’odio, della violenza cieca. Di un periodo di profonda oscurità.
La libertà salvata dai ragazzini cadutiinvia Niccolò dell'Arca
di Paolo Comentale
Mercoledì 28 luglio 1943 è una giornata calda e soleggiata. Santi del giorno sono due giovani martiri Naziario e Celso, il loro simbolo è una palma. E una palma dovevano sventolare insegno di pace e di giubilo anche i giovanissimi manifestanti che, issando ritratti del re Vittorio Emanuele III del Capo del Governo in carica da meno cli tre giorni, Pietro Badoglio, la mattina del 28 luglio si dirigevano dal centro di Bari verso il carcere in via Crispi per ricevere notizie e forse addirittura liberare i detenuti politici ancora rinchiusi. Il fascismo con il suo carico di crimini, lutti e de vastazioni era caduto da pochi giorni e si sperava in una nuova era di libertà e, specialmente, di pace.
Il carteggio tra Tommaso Fiore e don Lorenzo Milani
di Giuseppe Dambrosio
A 50 anni dalla morte di don Lorenzo Milani è importante ricordare il carteggio che Tommaso Fiore ebbe con il priore di Barbiana tra il 29 dicembre 1958 e ll 2 febbraio 1969. Il curiosissimo professore laico altamurano, Tommaso Fiore rimane colpito dall'opera "Esperienza pastorlali", e dopo l'intervento repressivo del Santo Uffizio con il quale si richieva il ritiro dal commercio,richiede all'autore una copia. Si apre così un intenso scambio epistolare in particolare sullla recensione scritta da Fiore. Si sviluppa così un confronto nel qualei molti sono i punti di condivisione: Fiore e Milani si ritrovano schierati con gli oppressi dall'ingiustizia, siano essi i contadini del Tavolieri o i montanari dell'Apennino tosco-emiliano, gli operai della periferiria fiorentina.
Altamura nel Settecento e l'esperienza repubblicana del 1799
di Giuseppe Dambrosio
L’esplosione rivoluzionaria repubblicana che vide in prima linea la città di Altamura nel 1799, insieme a molti altri centri del Regno di Napoli, si comprende se si tengono nella dovuta considerazione notevoli mutamenti che interessarono, nel secolo XVIII, il contesto europeo e che determinarono una trasformazione dell’economia e, nell’ultimo decennio, lo scoppio di una rivoluzione sul modello di quella francese.
La festa della Liberazione, nonostante i tentativi di revisione storica in atto tendenti ad offuscare la memoria resistenziale e a ridurla ad una scadenza di pacificazione nazionale nella quale, in modo indistinto, si piangono i morti dell'una e dell'altra parte, è un momento importante della storia del nostro paese. Mi è sembrato opportuno ricordare il significato non in modo oleografico e agiografico, ma ripescando la testimonianza di un nostro concittadino, Tommaso Fiore, poco conosciuto ai più giovani, che pagò con il carcere la propria opposizione al regime fascista e con estrema lucidità analizzò quel periodo, con l'occhio sempre rivolto alla sua regione e alla sua città.
Lo strazio per i nostri libri, in strada come con il Duce
di Gerardo Marotta
Foto di Luca Bellarosa
Ancora oggi, ai nostri giorni, si assiste a Napoli e in tutto il Paese alla mancanza di cultura politica e non si riesce a formare un governo, un Consiglio regionale o un Consiglio comunale capace davvero di governare. Il Mezzogiorno è pieno di persone intelligenti ma che non sanno governare perché la cultura filosofica e politica fu estirpata completamente dalla controrivoluzione del 1799. Tanto che nella Storia del Regno di Napoli Benedetto Croce osserva che dopo la controrivoluzione, le stragi e le condanne a morte volute dal Borbone “non un filo di filosofia (e quindi di filosofia del diritto e di diritto pubblico) vi fu a Napoli”.
Carlo Azeglio Ciampi: "Ecco come ho aderito alla Resistenza"
"[...] me ne andai, come ho detto, in Abruzzo, per passare le linee. Proprio a Scanno ritrovai Guido Calogero, che vi era stato confinato dal regime. Riprendemmo le nostre discussioni e gli chiedevo la ricetta per agire da antifascista senza diventare per forza comunista. Naturale punto d'approdo fu il partito d'azione. Quando arrivai finalmente dall'altra parte, a Bari, tornai ad indossare la divisa. La città era piena di fermenti. Vi era stato il convegno dei partiti antifascisti. Nelle ore libere frequentavo la libreria Laterza e m'infervoravo in discussioni con il leader azionista pugliese, poi del Pri, Michele Cifarelli, con il meridionalista Tommaso Fiore e suo figlio Vittore, ormai scomparsi. Quello, insomma, il terreno della mia iniziale formazione culturale".
Dall' 8 settembre e sino a metà di ottobre del 1943, la Puglia fu interessata dalle operazioni della Wermacht a seguito dell'armistizio dell'8 settembre 1943, i tedeschi intendevano rafforzare la presenza nell'Italia centro-meridionale e contrastare un eventuale sbarco degli anglo-americani. L'obiettivo dei nazisti era quello di distruggere le infrastrutture (porti, ponti, ferrovie, strade) ma deliberatamente colpìrono, con violenza inaudita, anche militari e civili.
Dall'8 settembre e fino alla metà di ottobre del 1943, la Puglia fu interessata dalle operazioni della Wermacht a seguito dell'armistizio dell'8 settembre 1943, i tedeschi intendono rafforzare la presenza nell'Italia centro meridionale e contrastare un eventuale sbarco degli anglo-americani. L'obiettivo dei nazisti era quello di distruggere le infrastrutture (porti, ponti, ferrovie, strade) ma deliberatamente colpìrono, con violenza inaudita, anche militari e civili.
Complessivamente 110 furono i morti nelle province di Foggia, Bari e Taranto: tra le stragi più efferate sono da ricordare, l'eroica resistenza di uomini, donne e ragazzi di Bari che difesero insieme il porto e la città vecchia a costo della loro vita ( 9 settembre 1943), l'eccidio dei vigili urbani a Barletta, i militari sbandati uccisi a Murgetta Rossi presso Spinazzola e l'eliminazione di diversi civili dell'Alta Murgia (Altamura, Gravina, Spinazzola, Santeramo).
Come risulta dall '"Atlante delle Stragi naziste and fasciste", pubblicato di recente e voluto dall'Istituto Nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia, dall'Anpi e sostenuta dall'ambasciata della Repubblica democratica tedesca, ad Altamura, durante la prima fase dell'occupazione nazista in Italia, 10 cittadini vennero uccisi dai tedeschi con mine o mediante fucilazione. Da documenti dal sindaco di Altamura al Prefetto in data 26 giugno 1946 con oggetto “Esposizione crimini di guerra”, i seguenti nomi: Busalin Giovanni, Danna Mario, Raggiopane Giovanni, Salari Dino e Vulcani Tullio, Campagna Pietro, Zucca Giuseppe.
Non si può dimenticare il ruolo di radio Bari che nei giorni della Resistenza fu la prima "radio libera d'Europa" che sperava nuovamente nella libertà. Da questo momento la radio divenne un punto d'incontro degli intellettuali (da Tommaso Fiore a Giovanni Gentile, Michele Cifarelli a Arnoldo Foà guidati da Benedetto Croce e Giovanni Laterza) e punto di riferimento per i partigiani che la difesero dagli attacchi dei tedeschi giunti in città. "Tutti gli intellettuali e artisti che rischiarono la vita per oltrepassare la linea Maginot e raggiungere Bari il proprio sostegno all'emittente, vennero definiti i 100 di Radio Bari, così dirà Tritto.
A Sant’Anna di Stazzema, la mattina del 12 agosto 1944, si consumò uno dei più atroci crimini commessi ai danni delle popolazioni civili nel secondo dopoguerra in Italia.
Bari, 28 luglio 1943 la strage di via Niccolò dell'Arca
a cura di Giuseppe Dambrosio
La mattina del 28 luglio 1943 la notizia diffusa da alcuni quotidiani che i detenuti politici sarebbero stati rilasciati nella giornata, provocò la mobilitazione spontanea di studenti e professori che organizzarono un corteo con l’intento di andare incontro agli intellettuali detenuti. Più di 200 manifestanti per lo più giovanissimi (diversi erano studenti medi e universitari), dopo aver attraversato alcune strade del centro di Bari, e dopo aver invaso i locali del gruppo rionale fascista “Barbera”, giunti nei pressi della federazione del partito fascista, in via Niccolò dall’Arca, dove era stato dislocato un reparto dell’esercito, chiesero all’ufficiale che comandava il nucleo, la rimozione delle insegne del fascismo. I manifestanti, pacificamente, al grido di viva la libertà, si apprestavano ad andare incontro ai numerosi antifascisti rinchiusi nel carcere di Bari, tra i quali i filosofi Guido Calogero, Guido de Ruggiero, il latinista Tommaso Fiore, il giudice Michele Cifarelli e numerosi giovani intellettuali della città.
Rostagno, la strada verso la verità è ancora sbarrata
di Sandra Amurri
Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena di trovare un posto”. Eccole, riassunte in queste poche sue parole, le ragioni che lo hanno ispirato. Mauro Rostagno, il professore di sociologia, fondatore di Lotta Continua, di Macondo, giornalista che dalla Rtc, la prima televisione libera in Sicilia, denunciava il degrado e il sopruso mafioso. Aveva 44 anni quando il 26 settembre del 1988, venne crivellato di colpi mentre era a bordo della sua Fiat Duna.
Poesia, diritti, lavoro, verità: il “Mondo Nuovo”di Dolci
di Sandra Amurri
Nella foto, Danilo Dolci e Peppino Impastato
Al Borgo di Dio, sulla collina che si affaccia al mare di Trappeto, fondato nel 1952 dall ’educatore, sociologo, attivista della nonviolenza, il triestino Danilo Dolci, dopo 18 anni di degrado e abbandono, i fiori sono tornati a sbocciare. Un sogno quanto mai necessario in questo tempo di assenza di idealità e umanità, per tenere accesa la fiammella della speranza. Oggi, qui a Borgo di Dio è una giornata speciale.
Esattamente 70 anni fa l'Italia incominciava il suo percorso di libertà e di ricostruzione morale e civile, seppellendo definitivamente il regime fascista. Il 2 giugno 1946, si celebrava lo storico referendum Istituzionale che sancì il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica in Italia, dopo la fine della seconda guerra mondiale. Per la prima volta votarono le donne che rappresentarono una parte cospicua dell'elettorato.
Cinquant'anni fa, nella notte fra il 10 e l’11 luglio del 1966, Augusto Monti moriva a Roma. Nato nel 1881 a Monastero Bormida, nelle Langhe astigiane, è stato romanziere (soprattutto con I Sanssôssì, una grande saga del vecchio Piemonte) e saggista, antifascista di Giustizia e Libertà (venne condannato dal Tribunale Speciale a 5 anni di carcere) e amico di Piero Gobetti, di Benedetto Croce, di Gaetano Salvemini.
Piero Gobetti 1901-1926 L’eterno coetaneo, forever young
Quella mattina di febbraio del 1926 il professor Umberto Cosmo era entrato in aula, al liceo D’Azeglio di Torino, con l’aria grave e un giornale in mano. C’era scritto che a Parigi era morto Piero Gobetti, il più brillante dei suoi allievi di pochi anniprima al Gioberti. Aveva lasciato una Torino innevata il 6 di quello stesso mese, in fuga dalle vessazioni fasciste, per poter continuare a scrivere. L’11 si era ammalato di una brutta bronchite, che si abbatteva su un fisico provato dalle violenze squadriste e aggravava i suoi problemi cardiaci, il 13 era stato ricoverato in clinica, il 15, verso mezzanotte, si era spento. Aveva 25 anni.
di Julia Amberger, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Germania
Il 12 agosto 1944 i soldati tedeschi uccisero 560 persone a Sant’Anna di Stazzema. Settant’anni dopo il massacro, il nipote di uno degli uiciali delle Ss incontra i sopravvissuti.
“La coerenza per me non è una parola vana, un suono vuoto di senso. Forse l’orgoglio può essere un lusso non concesso alla mia povertà: ma è un lusso interdetto anche questa coerenza morale? Domanda che mi conturba fortemente per i riflessi che voi e più gli amici potete immaginare. Comunque poiché è in gioco non una questione di orgoglio, ma una questione di vita –e torniamo come un circolo chiuso al punto di partenza – non mi è possibile decidere diversamente: sono quindi disposto ad ogni sacrificio pur di non compiere mai nessun atto che sconfessi la mia opera, il mio passato, che giudichi contrario al mio onore, cioè alla mia legge di vita.”
Manganello e Vaticano: due fronti, la stessa lotta
di Maurizio Viroli
Nel pantheon dei nostri maestri dimenticati, spetta di diritto un posto a Ernesto Rossi. Chi voglia conoscere le ragioni della sua denuncia delle collusioni fra Vaticano e regime fascista, legga Il manganello e l’aspersorio (1958); chi voglia documentarsi sull’a lleanza fra il fascismo e i “grandi baroni dell’industria”, legga I padroni del vapore (1955); chi voglia gustare un esempio di polemica contro la corruzione, legga Settimo: non rubare (1953); chi invece cerca una risposta al problema della povertà legga, Abolire la miseria (1946). Ma per capire da dove scaturiscono la sua grandezza d’animo, il suo coraggio civile e il suo rigore intellettuale, sono da leggere le lettere degli anni del carcere e del confino.