Il «giorno del ricordo» e la memoria corta degli italiani

di Enzo Collotti*

05inchiesta foibe Una fucilazione di civili jugoslavi

Loška Dolina, Slovenia meridionale, il 31 luglio 1942. Soldati italiani fucilano Franc Žnidaršič, Janez Kranjc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršič ed Edvard Škerbec, cinque abitanti del villaggio di Dane presi in ostaggio qualche giorno prima. Nell'Italia degli ultimi anni, un'interpretazione frettolosa e “capovolta” di questa foto ne ha innescato la proliferazione virale in rete e sui giornali, sino a farne l'illustrazione per eccellenza di articoli sulle foibe e le vittime italiane della “violenza slava ”. (Raccolta fotografica del Muzej novejše zgodovine Slovenije (Museo nazionale di storia contemporanea a Lubiana) - Numero d'archivio pl1818)

Si tace dell'occupazione della Jugoslavia e della sciagurata annessione della provincia di Lubiana al Regno d'Italia, e su rappresaglie e repressioni simili ai crimini nazisti

Non era difficile prevedere che collocare la Giornata del ricordo, per onorare le vittime delle foibe, a dieci-quindici giorni dal Giorno della memoria in ricordo della Shoah, avrebbe significato dare ai fascisti e ai postfascisti la possibilità di urlare la loro menzogna-verità per oscurare la risonanza dei crimini nazisti e fascisti e omologare in una indecente e impudica par condicio della storia tragedie incomparabili, che sono come unico denominatore comune l'appartenere tutte all'esplosione, sino allora inedita, di violenze e sopraffazioni che hanno fatto del secondo conflitto mondiale un vero e proprio mattatoio della storia.

Nella canea, soprattutto mediatica, suscitata intorno alla tragedia delle foibe dagli eredi di coloro che ne sono i massimi responsabili, la cosa più sorprendente è l'incapacità dei politici della sinistra di dire con autorevolezza ed energia: giù le mani dalle foibe! Come purtroppo è già avvenuto in altre circostanze, l'incapacità di rileggere la propria storia, ammettendo responsabilità ed errori compiuti senza per questo confondersi di fatto con le ragioni degli avversari e degli accusatori di comodo, cadendo in un facile ed ambiguo pentitismo, non contribuisce a fare chiarezza intorno a un nodo reale della nostra storia che viene brandito come manganello per relativizzare altri e più radicali crimini.

A parte la incomparabilità dei numeri – poche migliaia contro sei milioni – sono la logica e la storia che rendono incomparabili i due fenomeni. Fenomeno locale le foibe, fenomeno universale la Shoah. Anche dal punto di vista temporale il problema foibe si esaurì nel giro di poche settimane, al di là del perdurare della memoria, la Shoah si consumò nel corso degli anni della Seconda guerra mondiale, annullando confini ed ambizioni territoriali, distanze sociali e stabilendo nuove gerarchie nazionali e sociali.

Continuare a deprecare le foibe senza porsi l'obiettivo di contestualizzarne l'accaduto contribuisce a fare della retorica, ad alimentare il vittimismo ea offendere ulteriormente la memoria di chi è stato coinvolto in una atroce vicenda e soprattutto di chi ha pagato, innocente, per responsabilità altruista. La vicenda delle foibe ha molte ascendenze, ma certamente la più rilevante è quella che ci riporta alle origini del fascismo nella Venezia Giulia. È una storia nota e arcinota, su cui hanno lavorato storici della mia generazione, (…), con posizioni diverse tra loro ma tutti impegnati a costruire le linee interpretative di un passato storico che, tenendo conto della complessità della situazione di un'area crocevia di cultura diversa,

Sin quando si continuerà a voler parlare della Venezia Giulia come di una regione italiana senza accettarerne la realtà di un territorio abitato da diversi gruppi nazionali e trasformato in area di conflitto interetnico dai vincitori del 1918, incapaci di affrontare i problemi posti dalla compresenza di gruppi nazionali diversi, si continueranno a perpetuare la menzogna dell'italianità offesa ea occultare (e non solo a rimuovere) la realtà dell'italianità sopraffattrice. Non si tratta di evitare di parlare delle foibe, come ci sentiamo ripetere quando ragioniamo nelle scuole del giorno della memoria e della Shoah, ma di riportare il discorso alla radice della storia, alla cornice dei drammi che hanno lacerato l'Europa e il mondo e nei quali il fascismo ha trascinato, da protagonista non da vittima, il nostro Paese.

Ma che cosa sa tuttora la maggioranza degli italiani sulla politica di sopraffazione del fascismo nei confronti delle minoranze slovene e croate (…), addirittura da prima dell'avvento al potere? Della brutale snazionalizzazione (proibizione di uso della propria lingua, chiusura delle scuole, chiusura delle amministrazioni locali, boicottaggio nell'esercizio del culto, imposizione di cognomi italianizzati e cambiamento di toponimi) come parte di un progetto di distruzione dell'identità nazionale e culturale delle minoranze e della distruzione della loro memoria storica? I paladini del nuovo patriottismo fondato sul vittimismo delle foibe farebbero bene a rileggersi i fieri propositi dei loro padri tutelari, quelli che parlavano della superiorità della civiltà e della razza italica, che vedevano un nemico e un complottardo in ogni straniero (…) Che cosa sanno dell'occupazione e dello smembramento della Jugoslavia e della sciagurata annessione della provincia di Lubiana al Regno d'Italia, con il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai crimini nazisti? Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio antislavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel Litorale Adriatico, sullo sfondo della Risiera di San Sabba e degli impiccati di via Ghega? con il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai crimini nazisti? Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio antislavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel Litorale Adriatico, sullo sfondo della Risiera di San Sabba e degli impiccati di via Ghega? con il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai crimini nazisti? Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio antislavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel Litorale Adriatico, sullo sfondo della Risiera di San Sabba e degli impiccati di via Ghega?

Ecco che cosa significa parlare delle foibe: chiamare in causa il complesso di situazioni cumulatesi nell'arco di un ventennio con l'esasperazione di violenza e di lacerazioni politiche, militari, sociali concentratesi in particolare nei cinque anni della fase più acuta della Seconda guerra mondiale . È qui che nascono le radici dell'odio, delle foibe, dell'esodo dall'Istria. Nella storia non vi sono scorciatoie per amputare frammenti di verità, mezze verità, estraendole da un complesso di eventi in cui si intrecciano le ragioni e le sofferenze di molti soggetti. (…) Da sempre nella lotta politica, soprattutto a Trieste e dintorni, il Movimento sociale un tempo ei suoi eredi oggi usa e strumentalizzano il dramma delle foibe e dell'esodo per rinfocolare l'odio antislavo; rintuzzare questo approccio può sembrare oggi una battaglia di retroguardia,

I profughi dall'Istria hanno pagato per tutti la sconfitta dell'Italia (da qui bisogna partire ma anche da chi ne è stato responsabile), ma come ci esorta Guido Crainz (in un prezioso libretto:  Il dolore e l'esilio. L' Istria e le memorie divise d'Europa, Donzelli, 2005) bisogna sapere guardare alle tragedie di casa nostra nel vissuto delle tragedie dell'Europa. Non esiste alcuna legge di compensazione di crimini e di ingiustizie, ma non possiamo indulgere neppure al privilegiamento di determinate categorie di vittime. Fu dura la sorte dei profughi dall'Istria, ma l'Italia del dopoguerra non fu sorda soltanto al loro dolore. Che cosa avrebbero dovuto dire coloro che tornavano (i più fortunati) dai campi di concentramento, di sterminio, che rimasero per anni muti oi cui racconti non venivano ascoltati? E gli ex internati militari – centinaia di migliaia – che tornavano da una prigionia in Germania al limite della deportazione? La storia della società italiana dopo il fascismo non è fatta soltanto del silenzio (vero o supposto) sulle foibe, è fatta di molti silenzi e di molte ri mozioni.

* Questo testo del grande storico italiano che ci ha lasciato da meno di un anno – legato profondamente alla storia del Manifesto e nostro prezioso collaboratore per decenni – è parte dell'introduzione al libro “Dossier Foibe” di Giacomo Scotti, uscito per Manni editori – che ringraziamo – nel, 2022 (con sua introduzione e post-fazione di Tommaso Di Francesco).

Il Manifesto, 10 febbraio 2023